giovedì 1 marzo 2018
Il leader in esilio invia un videomessaggio dal Belgio: «Non guiderò il governo, ora tocca a Jordi Sanchez». Che però resta detenuto
Una manifestazione (al centro Carles Puigdemont) per la liberazione di Sánchez (Ansa)

Una manifestazione (al centro Carles Puigdemont) per la liberazione di Sánchez (Ansa)

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Il passo indietro «provvisorio» è arrivato al termine di un lungo discorso, infarcito di retorica catalanista e diffuso da Bruxelles sulla reti sociali. Prima di annunciare il ritiro della propria candidatura alla guida della Generalitat (esecutivo catalano), Carles Puigdemont ha ribadito più volte il proprio «impegno per l’indipendenza e la Repubblica». E ha annunciato di aver presentato un esposto contro Madrid al comitato per i diritti umani dell’Onu. Alla fine, però, ha dovuto cedere.

«Propongo, al mio posto, affinché i catalani possano avere un esecutivo proprio e non continuino ad essere commissariati, il nome di Jordi Sánchez, il numero due di Junts pel Catalunya», ha detto il leader separatista, confermando l’ipotesi circolata nei giorni scorsi. Sánchez, ex presidente dell’Assemblea nacional catalana (Anc), è in cella da oltre quattro mesi con l’accusa di sedizione. Alle regionali del 21 dicembre, tuttavia, è stato eletto deputato e legalmente – come spiega il politologo dell’Universitat autonoma di Barcellona, Salvador Cardús – può essere designato presidente della Generalitat.


«Non è stato condannato, dunque gode di tutti i diritti politici», sottolinea Cardús. Altra cosa, però, è se il governo di Mariano Rajoy accetterà la nomina. In ogni caso, la proposta di un candidato alternativa apre uno spiraglio per lo soluzione dello stallo:

a due mesi e dieci giorni dalle elezioni, Barcellona non ha ancora un esecutivo autonomo

. Cruciale per trovare la quadra è stato l’accordo raggiunto ieri mattina tra i tre principali partiti dell’indipendentismo – Junts pel Catalunya, Esquerra Republicana de Catalunya (Erc) e Candidatura d’unitat popular (Cup) –, dopo un confronto serrato.

Alla fine, ha prevalso la “linea mordiba” di Erc che voleva un governo al più presto. In cambio, Junts ha ottenuto lo “sdoppiamento” della carica presidenziale, con la creazione di un Consiglio della Repubblica in Belgio, diretto da Puigdemont, con l’obiettivo di «internazionalizzare la causa catalana». Il compromesso era stato anticipato dalla risoluzione approvata dal Parlament (Assemblea regionale) con il voto comune dei separatisti.

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