lunedì 28 novembre 2016
Come è vista la politica militare degli Usa a Pechino? Uno studio svela le paure cinesi. Per Pechino si tratta di una minaccia che mette a rischio la pace e la stabilità in Asia
Pechino e la sindrome di accerchiamento da parte dagli Usa
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L'ingresso alla Casa Bianca di Donald Trump, se il neo presidente terrà fede alle sue bellicose promesse elettorali, è destinato a intorpidire i rapporti con la Cina. Il magnate per ora ha promesso una guerra commerciale mentre sembra sul piano politico-militare cedere a lusinghe isolazioniste che si traducono - o si tradurranno - in un rapporto più freddo con i tradizionali alleati. In soldoni: meno sostegno economico a Giappone e Corea del Sud. La partite geo-politiche aperte sono tante. A partire dalla presenza, militare e non, degli Stati Uniti nella regione Asia-Pacifico. Molti analisti sostengono che se Washington si ritrarrà dalla scena asiatica non farà che agevolare indirettamente il gigante asiatico. Ma come è vista a Pechino la politica a stelle e strisce? Che valutazioni accende? Una buona occasione per capire quanto accade nelle stanze dei bottoni di Pechino viene da uno studio, prontamente rilanciato dal China Daily, realizzato dal National Institute for South China Sea Studies, centro studi basato nella città di Haikou, nella provincia di Hainan.

Sindrome da accerchiamento

Quello che emerge dal rapporto è il forte senso (una sindrome?) da accerchiamento. Quale la chiave di lettura offerta, il prisma attraverso il quale la Cina legge la politica Usa? Quella offerta dallo stesso Barack Obama che, come riporta il rapporto, già nel 2012 aveva annunciato che entro il 2020 gli Usa avrebbero dislocato nell'area Asia-Pacifico il 60 per cento delle forze navali e aeree. Assommerebbe a 368mila uomini il personale schierato nella regione. Un accerchiamento che gli States, secondo Pechino, mettono in atto con una vasta rete di alleanze. Non solo Giappone (50mila gli uomini dispiegati). Il report cita la Corea del Sud (nel giugno 2015 gli Usa hanno approvato piano di vendita di armi per 1,91 miliardi di dollari), le Filippine, l'Australia, la Thailandia, Singapore, il Vietnam e la Malaysia.

Le invasioni nel Mar cinese

Il vero tasto dolente per la Cina è la politica Usa nel Mar cinese meridionale. I dati riportati fotografano un'accelerazione della presenza militare a stelle e strisce nelle acque che Pechino considera come il proprio cortile di casa. Nel 2009, riporta il centro studi, ci sono state 260 ricognizioni militari Usa, nel 2014 il loro numero è lievitato a quota 1.200. Il giudizio è netto e cattura in pieno il sentimento cinese. La Cina - si legge - è diventato il bersaglio numero uno degli Usa in termini di operazioni di pattugliamento. Queste attività - è la conclusione del report - minacciano la sicurezza nazionale della Cina, danneggiano i suoi diritti e interessi marittimi, minano non solo le relazioni sino-americane ma anche la pace e la stabilità nell'intera regione.


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