lunedì 3 gennaio 2011
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«Perché il Papa non ha chiesto la protezione dei musulmani quando venivano massacrati in Iraq?». La domanda retorica di al Tayeb, Grande Imam dell’Università di al-Azhar, tocca un tasto decisamente sbagliato. Perché è stato sempre - e spesso unicamente - dal Vaticano che la voce del Pontefice s’è levata a difesa e sostegno dei fedeli dell’islam. Fin dal 1990-1991, prima e durante la guerra del Golfo, e ancora nel 2003, prima e durante l’attacco all’Iraq, papa Wojtyla fece di tutto per fermare le azioni militari, per i «gravissimi lutti» che avrebbero causato alla popolazione e, profeticamente, per i nuovi problemi che ne sarebbero stati l’effetto. Senza contare che, nel luglio1992, fu Giovanni Paolo II a lanciare quel principio di "ingerenza umanitaria" che avrebbe portato a spezzare l’assedio di Sarajevo ridando la libertà ai musulmani bosniaci. Benedetto XVI, dopo gli attentati di Londra, il 20 luglio 2005, rifiutò l’idea di uno «scontro di civiltà in atto». «Il terrorismo – disse – è irrazionale. Sono piccoli gruppi di fanatici», aggiunse, sottolineando come proprio ciò renda «ancora più importante il dialogo fra i tre monotismi». Tre giorni più tardi l’attentato a Sharm el-Sheikh, per il quale espresse in un telegramma «cordoglio e solidarietà» e invocando a «rinunciare alla strada della violenza». Il 1° settembre 2005 la strage a Baghdad vicino alla moschea sciita di al Kadhimiya, con centinaia di vittime tra i musulmani; nell’esprimere il suo cordoglio, il Papa assicurava la sua preghiera «perché finalmente si instauri in codesto Paese un clima di riconciliazione e reciproca fiducia», auspicando «che tutti i credenti nell’unico Dio si uniscano nel deplorare ogni forma di violenza e cooperino per il ritorno della concordia». Parole, purtroppo, risuonate diverse volte fino al 20 maggio 2009, quando un’autobomba fece una nuova strage di musulmani sciiti. Il 2 luglio 2010, infine, ricevendo il nuovo ambasciatore iracheno il Papa è tornato con chiarezza sul tema: «Negli ultimi anni – ha detto – si sono verificati molti atti tragici di violenza commessa contro membri innocenti della popolazione, sia musulmani sia cristiani, atti che sono contrari agli insegnamenti dell’Islam nonché a quelli del cristianesimo. Questo dolore condiviso può costituire un vincolo profondo, rafforzando la determinazione dei musulmani e dei cristiani a lavorare per la pace e per la riconciliazione. La storia ha dimostrato che alcuni degli incentivi più potenti per superare la divisione derivano dall’esempio di quegli uomini e di quelle donne che, avendo scelto la via coraggiosa della testimonianza non violenta di valori più elevati, sono morti a causa di atti codardi di violenza».
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