martedì 23 marzo 2010
La coppia resisteva da tempo alle continue pressioni del datore di lavoro: dopo una falsa accusa di furto aveva proposto all’uomo di cambiare credo per evitare una denuncia. La comunità: ora vogliamo giustizia.
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È morto dopo una atroce agonia: tre lunghi giorni di sofferenza, con ustioni sull’80% del corpo, fino a lunedì sera quando ha smesso di vivere nell’ospedale "Sacra famiglia" di Rawalpindi. Arshed Masih, cristiano di 38 anni, non è la sola vittima di una vicenda di una crudeltà che ha dell’incredibile: sua moglie, che aveva denunciato il crimine, è stata stuprata dagli agenti di polizia davanti ai tre figli di età compresa fra 7 e 12 anni. Una tragica vicenda che ancora una volta mette in luce le condizioni di grave oppressione delle minoranze religiose in Pakistan.Arshed e la moglie Martha lavoravano dal 2005 a Rawalpindi alle dipendenze di un ricco uomo d’affari musulmano, rispettivamente come autista e come domestica. I figli vivevano con loro nei locali destinati alla servitù nella grande casa di sheikh Mohammad Sultan, che dallo scorso gennaio aveva iniziato con i suoi congiunti a premere sulla coppia cristiana perché si convertisse, ma né le sollecitazioni, né le minacce erano servite. Mashid aveva minacciato di andarsene, ricevendone in cambio minacce di morte. La scorsa settimana i sospetti di un furto in casa del datore di lavoro erano ricaduti sul dipendente cristiano, anche se la polizia non aveva riscontrato alcuna prova a suo carico. L’uomo d’affari aveva offerto di lasciar cadere le accuse nel caso in cui Masih si fosse convertito. Ricevuto l’ennesimo rifiuto, il 19 marzo un gruppo di sconosciuti ha assalito  l’uomo dandogli fuoco. La moglie che si era rivolta al vicino posto di polizia per la denuncia, è stata costretta a firmare una deposizione che scagiona il datore di lavoro, e successivamente violentata mentre per la legge sarebbe dovuta essere sotto la protezione della polizia femminile.Ferma la reazione del presidente della Conferenza episcopale pachistana Lawrence Saldanha che nel condannare le violenze ha chiesto al governo «giustizia e legalità, perché tali atti non restino impuniti». L’arcivescovo di Lahore ha chiesto ai mass-media del Pakistan, e alla comunità internazionale di «fare di più per creare consapevolezza sulla situazione di sofferenza e precarietà dei cristiani e delle minoranze religiose, che vanno tutelate nella dignità e nei diritti umani fondamentali». Unanime la condanna della comunità cristiana. Peter Jacob, segretario della Commissione Giustizia e pace della Chiesa cattolica pachistana ha denunciato ad AsiaNews «la lentezza e l’immobilismo del governo federale e provinciale». Finora, sottolinea sottolinea Peter Jacob, non si sono compiuti «passi concreti per impedire violenze e abusi». Francis Mehboob Sada, del Centro di studi cristiano di Rawalpindi esprime l’amarezza della comunità «per la vulnerabilità dei cristiani, che subiscono un regime di apartheid». Oggi, ha aggiunto Mehboob Sada, è previsto un incontro con una delegazione dell’Unione Europea «a cui chiederemo di fare pressioni sul governo per garantire i diritti basilari delle minoranze religiose in Pakistan».Intanto, da fonti cristiane pachistane, si ha notizia di un’altra persecuzione. Rashid George, cristiano arrestato con accuse prefabbricate di furto e rapina, torturato alla polizia per quattro giorni e rilasciato dopo che la famiglia ha pagato per la scarcerazione, lunedì sera ha preso dei sonniferi e si è dato fuoco, morendo poco dopo il ricovero in ospedale.
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