martedì 16 marzo 2010
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Tutto cominciò nel poligono sperimentale di Peenemünde. Erano gli anni Trenta del ’900 e i tecnici di Hitler si lambicavano già intorno alle "armi segrete": i missili da crociera V1 e i vettori balistici V2. Quando albeggiava, l’8 settembre 1944, si abbatté su Londra la prima delle 1.359 V2. Per la storia militare, fu un punto di non ritorno: l’era missilistica era iniziata. Non sarebbe più terminata. A fine guerra, i 4 grandi (Francia, Regno Unito, Urss e Usa) si disputarono i "cervelli" tedeschi e la lista degli affiliati al club missilistico non fece che allungarsi. All’acme del confronto bipolare, nove Paesi possedevano vettori balistici, oggi sono almeno il triplo, parte dei quali dotati di capacità a medio-lungo raggio.In Medio Oriente oggi è un pullulare di progetti, impianti di fabbricazione e sogni "non convenzionali". Tre Stati regionali dispongono di missili a raggio intermedio e ben sette ne hanno centinaia a corto raggio (Srbm). Si tratta in gran parte di Scud-B (300 km), da cui sono maturati innumerevoli programmi di proliferazione, sostanzialmente inutili contro obiettivi militari, ma efficaci in una prospettiva psicologica-terroristica. Basti solo pensare alla strategia anti-città nel conflitto fra Baghdad e Teheran, o ai lanci indiscriminati di Scud iracheni durante la prima guerra del Golfo.All’escalation missilistica fra vicini un po’ troppo "turbolenti", l’Arabia Saudita ha risposto armandosi di vettori intermedi: i Css-2 di provenienza cinese (2.600 km), per lungo tempo arma senza uguali fra i Paesi emergenti. Ormai obsoleti, i Css-2 sono stati rimpiazzati da cacciabombardieri, ben più efficaci: F-15, Tornado ed Eurofighter, armati di bombe di precisione e missili Cruise.Quando gli israeliani hanno carpito i segreti dell’atomo, Egitto e Siria non son stati a guardare. Non hanno aderito alla convenzione sul disarmo che, dal 1993, bandisce l’impiego di armi chimiche. In Medio Oriente, solo un altro Paese li ha emulati: Israele stessa che, costantemente nel mirino dei propri vicini, nonostante la potenza ineguagliabile nel fuoco convenzionale, non ottempera agli accordi multilaterali: anti-atomici (Nntp- Ctbt), anti-biologici (Btwc), anti-chimici (Cwc) e anti-missilistici (Mtcr). L’arsenale di Gerusalemme non è soggetto alle ispezioni dell’Aiea e l’Istituto di Nes Ziona sviluppa segretamente, ma non abbastanza, armi biologiche. Per capacità missilistiche e anti-missilistiche, Tel Aviv non ha rivali, nonostante i molteplici fronti aperti e le dispute territoriali. Le alture del Golan son tuttora contese alla Siria che, dal 1982, ha eletto le armi di distruzione di massa a elemento costitutivo della difesa nazionale.Sul piano convenzionale, l’esercito e l’aviazione siriana soccomberebbero di fronte a Tsahal, oggi non diversamente da ieri. È un motivo in più per compensare con armi asimmetriche le vulnerabilità qualitative. Infrastrutture e laboratori di ricerca sorgono nelle zone periferiche di Damasco, Hama ed Homs, spesso sotterranei e decentrati. Autarchici in quasi tutta la filiera, i siriani acquistano in Europa e in Asia i soli precursori chimici, ufficialmente per scopi farmaceutici. Hanno centinaia di tonnellate di aggressivi chimici, parte stoccate e altre assegnate permanentemente alle forze missilistiche e d’artiglieria. Se un tempo, si accontentavano di assemblare i kit nordcoreani, oggi reingegnerizzano su licenza gli Hwasong-6 (550 km) e tentano di fare altrettanto coi Nodong (1300 km).Non meno dinamico è l’Egitto. L’Abu Zaabal Company sarebbe un gioiello della chimica, se non fosse che molti rapporti d’intelligence le imputano un programma (mal)celato di armi interdette dalla comunità internazionale. Le produzioni di agenti nervini e psicoattivi sono spesso obnubilate dall’eufemismo della ricerca civile. Il tessuto industriale è versatile, facilmente riconvertibile alla produzione su larga scala di aggressivi chimici, cianuro gassoso in primis. L’artiglieria è addestrata all’uso: dispone di munizionamento ad hoc e di un programma vettoriale che si nutre di un rapporto pluridecennale con Pyongyang.Non si dimentichi che i missili nordcoreani hanno spiccato il volo grazie all’impulso determinante degli Scud-B, nati nell’ex-Urss e sbarcati in Corea via Egitto. All’export di tecnologie missilistiche, il regime di Kim Il Sung deve oggi gran parte della valuta pregiata. Ne spendono anche gli egiziani, pagando il centinaio di consulenti asiatici, cui si sommano equipaggiamenti per sistemi di guida, componentistica e strumenti per l’assemblaggio. Il primo obiettivo del Cairo è migliorare gli Scud-B, aumentandone gittata (500 km), precisione («1 km) e carico utile (700-800 kg).È la teoria evoluzionistica del missile, comune a tutti i possessori privi di risorse adeguate per mantenere competitive le forze convenzionali. Strategicamente superiore, un cacciabombardiere di quarta generazione equivale finanziariamente a una ventina di lanciatori e a un centinaio di Scud.
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