mercoledì 6 novembre 2013
​Un gruppo di 20-30 rivoluzionari bereberi ha occupato il terminal di Mellitah: chiedono la rappresentanza per le minoranze etniche. L'ad Eni Scaroni: «Chiuse le esportazioni verso l'Italia, ma non ci saranno problemi».
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Un gruppo di 20-30 rivoluzionari che rispondono agli ordini del Congresso Supremo Amazigh ha cominciato a protestare al terminal di Mellitah il 26 ottobre e dopo vari negoziati con il comitato energia del Congresso avevano dato una settimana di tempo affinché le loro richieste fossero accolte prima di bloccare l'impianto. Nonostante il Congresso non si sia ancora pronunciato a riguardo, "Mellitah lavora normalmente per il momento", dichiarano fonti all'Ansa "e i negoziati con i manifestanti si stanno svolgendo in modo assolutamente pacifico e cordiale". Un mese fa la comunità berbera aveva già minacciato di boicottare le elezioni municipali e per l'Assemblea Costituente. Già marginalizzati dal regime di Gheddafi, agli amazigh sono stati assegnati soltanto due seggi nell'Assemblea costituente, cosi come alle altre due minoranze tebu e tuareg. Chiedono inoltre che il Congresso imponga il principio di consenso dei gruppi di minoranze oltre che una migliore rappresentanza nell'assemblea che sarà composta da 60 membri, e il riconoscimento delle loro peculiarità culturali come ad esempio l'introduzione della lingua tamazight insieme all'arabo nella nuova Costituzione. Proprio in queste ore il terminal di Mellitah da cui parte il Greenstream, che raggiunge la Sicilia, è sotto attacco da parte di manifestanti che ci stanno spingendo a chiudere completamente le esportazioni verso l'Italia". Lo afferma l'ad di Eni, Paolo Scaroni, su Radio 1, aggiungendo però di non vedere "problemi di approvvigionamento" per l'Italia.
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