martedì 19 luglio 2016

«Ankara non passi il limite». Erdogan: la parola al Parlamento. La resa dei conti dopo il tentato golpe I La pena capitale abolita nel 2004 Il sultano e lo zar, attenti a quei due (Fulvio Scaglione)

Pena di morte, l'Ue avverte la Turchia
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Dura condanna del tentativo di golpe in Turchia, ma anche un chiarissimo messaggio all’autoritario presidente Recep Tayyip Erdogan: non usare il fallito colpo di Stato come scusa per sovvertire la democrazia, con un no netto alla reintroduzione della pena di morte. Un messaggio giunto ieri dai ministri degli Esteri dei Ventotto, in allarme rosso per la situazione in un Paese assolutamente chiave per controllare i flussi migratori ma anche per la lotta al Daesh e la stabilizzazione di Siria e Iraq. Un tema che inevitabilmente ha dominato un Consiglio Affari Esteri che, per la prima volta, ha accolto nel suo seno (alla prima colazione), il segretario di Stato Usa John Kerry. I ministri avrebbero dovuto concentrarsi sulla questione della Brexit con la prima del neo-ministro degli Esteri di Londra Boris Johnson, ma la settimana scorsa, con la strage di Nizza e il fallito golpe in Turchia, hanno stravolto l’agenda. Sul fronte di Nizza, si è registrata la riaffermazione del sostegno dei partner Ue alla Francia, «l’unità è la migliore risposta» ha detto l’Alto rappresentante per la politica estera Ue Federica Mogherini, che ha presieduto la riunione.  Ma a tener banco è stata la preoccupazione per il pugno di ferro di Erdogan. «L’Ue – si legge nelle conclusioni del Consiglio – condanna con forza il tentativo di colpo di Stato», ma «esorta le autorità turche a mostrare moderazione », e «a rispettare a pieno l’ordine costituzionale », perché «è necessario il rispetto della democrazia, dei diritti umani e delle libertà fondamentali ». «Certamente – ha detto per parte sua Kerry – sosterremo (la Turchia n.d.r.) nell’assicurare alla giustizia gli autori del golpe, ma vigileremo contro azioni che vadano ben al di là di questo». Allarme rosso ha provocato la questione della pena di morte. La prima a insorgere è stata la Germania: la cancelliera Angela Merkel, in una telefonata a Erdogan, ha avvertito che reintrodurla «non sarebbe in alcun modo compatibile» con il pro- cesso di adesione all’Ue della Turchia. «L’Ue – si legge anche nelle conclusioni del Consiglio di ieri – ricorda che il rifiuto inequivocabile della pena di morte è un elemento essenziale dell’acquis (il corpo giuridico n.d.r.) dell’Ue. «Voglio essere molto chiara – ha detto Mogherini –: nessun Paese che reintroduce la pena di morte può essere membro dell’Ue». Erdogan non se ne preoccupa, ieri anzi in un’intervista alla Cnnha rincarato la dose, affermando che approverà la reintroduzione della pena di morte se la misura verrà varata dal Parlamento (da lui controllato), che deve però modificare la Costituzione. Solo poche ore prima Merkel gli aveva chiesto «di rispettare i principi della proporzionalità e dello stato di diritto» definendo «oggetto di grave preoccupazione la recente ondata di arresti e licenziamenti in Turchia», soprattutto di migliaia giudici. L’Europa non fa mistero di aver capito come stanno le cose. «Il fatto che le liste (dei giudici n.d.r.) fossero disponibili subito dopo l’evento – ha detto a chiare lettere il commissario europeo al Vicinato, Johannes Hahn – indica che erano state preparate per essere utilizzate in un momento determinato». «Sembra che Hahn sia lontano dal capire a fondo cosa sta succedendo in Turchia – ha replicato via Twitter il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu – la Turchia non farà mai compromessi su diritti umani, stato di diritto e democrazia». In realtà, però, vari ministri la pensano come Hahn. «Obiettivamente – ha detto il titolare della Farnesina Paolo Gentiloni – immaginare che in dodici ore si sia appurato che ci sono alcune migliaia di giudici complici del tentativo di colpo di Stato rischia di apparire un po’ stridente con i principi dello stato di diritto». Eppure l’Europa si aggrappa, nonostante tutto, alla speranza che alla fine Erdogan torni a miglior consiglio. «In questo momento – ha detto Mogherini – siamo concentrati nello sforzo di accompagnare la Turchia in un momento difficile, noi continuiamo a considerare Ankara un partner. Per il futuro si vedrà». Se Erdogan continuerà il suo corso sempre meno democratico, sarà impossibile concedere la fine dell’obbligo di visti per i cittadini turchi diretti nell’Ue. Ankara ha già minacciato: se entro ottobre i visti non saranno tolti, salterà l’accordo sui migranti. «Non rinunciamo ai principi dell’Ue – ha detto Gentiloni – solo perché c’è un accordo con la Turchia sui migranti». Se però salta, nessuno sa che cosa succederà.
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