sabato 20 marzo 2010
La recessione fa crescere il fenomeno: rimane in famiglia il 56% dei maschi. Motivazioni economiche a parte, le nuove generazioni non sembrano animate dallo spirito di protesta e di indipendenza dei loro genitori.
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I lavori spariscono, le ipoteche si mangiano le case, e gli americani tornano da mamma e papà. E non solo i ventenni. È una tendenza insolita per gli Stati Uniti, dove per generazioni di adolescenti non andare a vivere da soli dopo il “college” era un’onta inammissibile, un marchio da perdenti. Non più. Oggi il 56 per cento dei maschi dai 18 ai 25 anni vive a casa, contro il 48 per cento delle ragazze. E c’è un 10 per cento di trentenni che si sono trasferiti di nuovo con i genitori dopo aver provato, invano, a cavarsela da soli. (In Italia si parla del 70 per cento dei giovani dai 18 ai 39 anni).Colpa della recessione, ma non solo. Una serie di studi rivela che il trend, che si è avviato alla fine degli anni ’80, è causato principalmente dall’aumento del costo della vita e degli stipendi che non tengono il passo, ma mette in conto anche i cambiamenti demografici. L’aumento delle famiglie immigrate di origine latino americana e asiatica, dove è molto più comune per tre generazioni vivere sotto lo stesso tetto, ha contribuito al cambiamento. E poi ci sono smottamenti tettonici di tipo culturale in gioco, con la generazione Y (o dei millennial, dai 15 ai 30 anni circa) che non appare animata dallo spirito di protesta e di indipendenza a tutti i costi che possedeva i loro genitori negli anni Sessanta e Settanta. Un venticinquenne della Virginia o del Texas oggi insomma non rischia l’ostracismo dei suoi pari se si rintana nella sua vecchia cameretta per mandare i primi curriculum, tentare di mettersi in proprio o decidere cosa fare della sua vita.Secondo il Pew Research center, in questo modo le famiglie “multi generazionali” sono triplicate dal 1980, raggiungendo il 16 per cento del totale. In tutto ci vivono 49 milioni di persone. Dal 1940 al 1980, osserva la ricerca, la percentuale dei nuclei plurigenerazionali era costantemente calata dal 25 al 12 per cento. Oltre ai giovani che si riscoprono “mammoni” (o bamboccioni, secondo una recente definizione tutta italiana) e non hanno fretta di cominciare a pagare l’affitto (o a farsi il bucato) i sondaggi hanno identificato anche una casistica ben più complicata e, questa sì, causata interamente dalla crisi economica. Si tratta di intere famiglie, con madre, padre e figli, costrette a chiedere l’ospitalità dei nonni (genitori di lui o di lei) perché hanno perso il lavoro, la casa o entrambi e non ce la fanno ad arrivare a fine mese. Secondo l’associazione di categoria dei pensionati statunitensi, ben più di un terzo di tutti i pensionati lo scorso anno ha aiutato i propri figli adulti a pagare le bollette, e un milione e mezzo circa li hanno accolti sotto il proprio tetto con le rispettive famiglie.I sociologi li chiamano figli “boomerang”, che spiccano il volo e poi ritornano al nido. La tendenza viene confermata dai dati dell’associazione degli agenti immobiliari. Le vendite di case, in senso strettamente numerico, lo scorso anno sono state le stesse che nel 2000, si legge in un rapporto del gruppo, mentre la popolazione americana è aumentata di quasi 30 milioni di individui. La conclusione degli agenti immobiliari: più persone sono raggruppate nello stesso numero di stanze.Ma la convivenza, se a volte è forzata, non è necessariamente sofferta. «Questa generazione ammira di più i propri genitori di quelle immediatamente precedenti – spiega Donna Butts, direttore di Generations united, un gruppo che studia le caratteristiche delle varie generazioni – questi ragazzi sono convinti che gli adulti abbiano valori migliori dei loro, e li vogliono assorbire».
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