giovedì 28 maggio 2020
Un voto contrario, sei astenuti e una valanga di sì. Il Congresso nazionale del popolo ha dato il via libera, con 2.878 voti a favore, al contestato provvedimento. Passa anche il nuovo Codice civile
La Grande sala del Popolo a Pechino che ha ospitato i lavori del Congresso nazionale del popolo

La Grande sala del Popolo a Pechino che ha ospitato i lavori del Congresso nazionale del popolo - Reuters

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Un voto contrario, sei astenuti e una valanga di sì. Il Congresso nazionale del popolo ha dato il via libera, con 2.878 voti a favore, all'adozione della controversa legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong, il provvedimento che «punirà secessione, sovversione del potere statale, terrorismo e atti che mettano a rischio la sicurezza nazionale». Nelle ultime votazioni della sessione finale, l'assemblea ha anche approvato il primo Codice civile della Repubblica popolare. Dopo l'annuncio del provvedimento della scorsa settimana, a Hong Kong sono riscoppiate le proteste che, tra domenica e mercoledì, hanno portato all'arresto di oltre 600 persone. Gli Stati Uniti hanno criticato la mossa che avrebbe minacciato gli accordi di autonomia e tutela delle libertà della città in base agli accordi che portarono al passaggio di Hong Kong nel 1997 dalla sovranità britannica a quella cinese.
Il testo messo a punto è poco noto: il Comitato permanente del Congresso lavorerà sulle modalità specifiche della legge e sulla sua applicazione. Ieri, il segretario di Stato Mike Pompeo ha affermato in una nota che Hong Kong non è più autonoma dalla Cina, gettando le basi per la rimozione dello status speciale della città nei suoi rapporti con gli Stati Uniti. Mossa subito bollata da Pechino come barbarica.

Immediata la reazione degli attivisti di Hong Kong. «Ora è il momento che il presidente Trump eserciti il suo potere in linea con le indicazioni del Segretario di Stato Pompeo», ha detto Joshua Wong, uno dei nel corso di una conferenza stampa insieme ai membri di Demosisto Agnes Chow e Nathan Law. Da Wong è arrivato un appello alla comunità internazionale, perché esprima la sua contrarietà alla controversa legge sulla sicurezza. E ai leader europei, asiatici e americani perché condividano la linea di Pompeo. «Chiediamo alla comunità internazionale di agire e di tenere gli occhi puntati su Hong Kong. Ora è il momento di agire e combattere», ha aggiunto. «Nessuna persona ragionevole può affermare oggi che Hong Kong mantiene un alto grado di autonomia rispetto alla Cina, considerato quello che succede sul campo», aveva detto ieri il Segretario di Stato, Mike Pompeo. Più di 1.300 aziende statunitensi hanno uffici in città, fornendo circa 100.000 posti di lavoro.

La tensione tra Usa e Cina continua ad alzarsi. La richiesta degli Stati Uniti di convocare una riunione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu sulla situazione a Hong Kong è «senza fondamento». A dichiararlo, con un tweet nella tarda serata di ieri, è stato l'ambasciatore di Pechino all'Onu, Zhang Un. «La legislazione sulla sicurezza nazionale per Hong Kong riguarda unicamente gli affari interni della Cina e non ha niente a che vedere con il mandato del Consiglio di Sicurezza», ha scritto. Washington ha chiesto ieri una riunione di emergenza dell'esecutivo Onu su Hong Kong. «Gli Stati Uniti sono profondamente preoccupati per le azioni del parlamento cinese che minano fondamentalmente l'alto grado di autonomia e le libertà che derivano dalla Dichiarazione sino-britannica del 1984 registrata dall'Onu al pari di un trattato», aveva sottolineato la missione americana all'Onu. «Si tratta di un problema mondiale urgente che ha implicazioni per la pace e la sicurezza internazionali», si legge ancora nella dichiarazione.

Alla fine dei lavori del Congresso nazionale del popolo, il premier Li Keqiang ha toccato una serie di punti caldi. A partire dall’altro dossier rovente: Taiwan. Pechino intende promuove «la riunificazione pacifica» della Cina. Li ha utilizzato l'aggettivo «pacifico» escluso dalla sua relazione al Congresso nazionale del popolo. La Cina «considererà sempre i compatrioti" dell'isola «fratelli e sorelle», avendo «saggezza e capacità di gestire i suoi affari interni. Siamo pronti a parlare con qualsiasi parte politica». Sull’alta tensione con gli Usa, Li ha detto che Pechino vuole respingere la «mentalità da Guerra Fredda». Cina e Stati Uniti, ha detto, «guadagnano dalla cooperazione e perdono nello scontro», e la cooperazione bilaterale tra Pechino e Washington «è nell'interesse dei due popoli e del mondo». Infine il tema coronavirus. Li si è detto favorevole a un’indagine che scopra la fonte del patogeno che ha scatenato la pandemia.

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