venerdì 6 settembre 2013
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Quando squilla il telefono ha un impalpabile moto di disappunto. Perché nel dare il via libera all’ospitalità per l’Andrea Doria sotto la giurisdizione dell’Unifil, Paolo Serra si rende conto di aver rivelato in tempo reale che il cacciatorpediniere italiano verrà accolto sotto le bandiere della forza di interposizione dell’Onu in Libano. Nave italiana e contingente italiano, generale. Dobbiamo leggerla come una significativa conferma di un’escalation della crisi?«Si tratta di una normale rotazione. La nave è in appoggio all’intero contingente Onu, non specificamente a quello italiano...».In un momento di crisi rispetto alla stabilità riscontrata negli ultimi anni, però. In che condizione di allarme ha posto il contingente Unifil?Stato di allerta giallo. Leggermente accresciuto nelle ultime settimane».Torinese, alpino, classe 1956, generale di divisione e dal gennaio 2012 capo della missione delle Nazioni Unite nell’area a sud del fiume Litani con dodicimila effettivi di 37 diverse nazioni cui oltre un migliaio di italiani, il generale Serra non nasconde il rischio di una fiammata improvvisa che riaccenda quell’ostilità mai realmente sopita fra i due avversari, Israele e Hezbollah, che il contingente Unifil ha il compito di separare e tenere e a distanza.«Non siamo preoccupati – dice – siamo attenti, vigili. Nelle scorse settimane ci sono stati momenti di tensione. Il primo quando unità dell’Idf (l’esercito con la stella di David) è penetrata nel perimetro della Blue Line, la linea di ripiegamento delle forze israeliane dopo la crisi del 2000 e c’è stata un’esplosione con dei feriti. Stiamo indagando sul fatto. La seconda quando, in violazione della Risoluzione 1701 dell’Onu un gruppo jihadista ha lanciato dei razzi verso Israele. Gruppo subito sconfessato da Hezbollah».E come ha agito l’Unifil?«Convocando le parti, La Laf, l’Armée Libanaise da un lato, l’Idf israeliana dall’altro. Con frequenza periodica organizziamo un incontro “tripartito”: Unifil, Libano e Israele. Ogni delegazione proviene dal proprio territorio, ci si riunisce in una casa posta sulla Blue Line a Ras Naqura. Le due parti non si parlano direttamente: si rivolgono a noi e noi trasmettiamo il messaggio alla controparte. È l’unico modo sensato di scongiurare le tensioni».La missione Unifil si muove nel cuore di un territorio di cui si ama dire che non cada foglia che Hezbollah non voglia. Un movimento e insieme uno Stato nello Stato. Che rapporti avete con un’entità che l’Europa e il mondo occidentale ritengono un’organizzazione terroristica guidata dallo sceicco Nasrallah?«Hezbollah per l’Unifil è un partito e ha ministri e parlamentari in carica. È con quelli che abitualmente dialogo, così come parlo con il presidente libanese Michel Sleiman e con il premier dimissionario Najib Mikati».Nel 1984 il successo della missione italiana in Libano guidata dal generale Angioni derivò anche dal rapporto proficuo fra l’intelligence militare e le fazioni in lotta. Non le nascondo, generale, che è difficile credere che non vi siano contatti, se pure informali, fra voi e gli Hezbollah sul territorio che siete chiamati a custodire.«Il nostro è per definizione un approccio neutrale. Certo, bisogna saper essere italiani, me lo lasci dire... Ufficialmente io non parlo con Hezbollah. Io parlo con i sindaci, con i capi religiosi, con i leader locali. Se poi un sindaco o un’autorità locale appartiene al movimento Hezbollah, questo non può che avvantaggiare il dialogo. E quando dico che bisogna essere italiani alludo anche al fatto che noi italiani siamo portatori di una nostra visione dei rapporti, rispettosa delle culture diverse, delle religioni, delle tradizioni che non sono le nostre. Non per nulla c’è un training che dura da 3 a 6 mesi per i ragazzi che fanno la loro prima esperienza fuori Italia, in modo che il loro sia un approccio senza pregiudizi. E le assicuro che funziona e che la popolazione locale lo apprezza molto. Sette anni senza significativi incidenti e il rinnovo del mandato dell’Onu all’Italia votato dal Consiglio di sicurezza del Palazzo di Vetro pochi giorni fa lo stanno a confermare». Dica la verità, generale, in caso di crisi vera cosa accadrà?«Ci sono dei piani di evacuazione – ammette – per le famiglie dei civili dell’Onu, in caso di ostilità. Il che non pregiudica la missione». Ci sarà un’escalation?«Come immagina, non sono tenuto a commentare lo scenario internazionale».Come definirebbe lo stato attuale delle cose?«Di calma tesa».Sempre allarme giallo...«Diciamo pure “giallo plus”».
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