martedì 2 luglio 2013
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«Non definiamo quelli che sono scesi in piazza oppositori, seguaci di Baradei o di Sabbahi – ex rivali di Morsi nella corsa alla presidenza –. Quella gente, soprattutto i più giovani, non appartengono a nessun partito o ideologia. Essi reclamano semplicemente nuove elezioni per un nuovo presidente». È entusiasta Wael Farouq, docente di lingua araba e Studi islamici all’Università americana del Cairo. «È grazie a loro, aggiunge, che gli obiettivi originari della rivoluzione del 2011 sembrano ora più vicini». Ce li può ricordare?Una società che crede nei valori umani e nella giustizia, e rispettosa dei diritti dell’uomo. I cittadini egiziani scesi in piazza sono più che convinti di poter operare un cambiamento in tal senso con la forza del diritto. Erano pure convinti nel gennaio 2011 prima di vedere la rivoluzione “confiscata” dai Fratelli musulmani...Quella “confisca” è stata, in un certo senso, una benedizione. Perché gli egiziani in questo anno sotto il governo dei Fratelli hanno potuto capire che essi sono solo dei mercanti della fede. Quell’anno ha spazzato ogni dubbio sui loro piani di conquista del potere. I manifestanti insistono sul carattere pacifico della protesta, ma intanto le sedi della Fratellanza vengono attaccate e incendiate.È sicuramente l’opera di malviventi e predoni. Durante la rivolta del 2011 ho assistito per caso all’attacco contro la sede del partito nazionale di Mubarak. Quando ho rimproverato gli assalitori, uno mi ha riposto che lo facevano per sopravvivere alla fame. Si ritiene che il punto debole dei manifestanti sia l’assenza di una leadership. Chi muove tutta quella gente?Mancano forse il leader e il finanziamento, ma le idee sono chiare. Per la prima volta assistiamo in Egitto a una corrente popolare che vuole cambiare il potere senza avere il potere. Può sembrare un’utopia romantica, ma è la semplice realtà. Milioni di persone hanno infranto il muro della paura sottoscrivendo la petizione di Mahmoud Badr, fondatore di Tamarrod (ribellione), per reclamare una sola cosa: le dimissioni di Morsi per indire nuove elezioni. Perché tanta insistenza su queste dimissioni considerando che si tratta in fin dei conti di un presidente eletto che rappresenta una forza politica non indifferente in Egitto?Dire che i Fratelli costituiscono una forza politica in Egitto è una pura leggenda alla quale mezzo mondo ha creduto, a cominciare dagli americani. Morsi deve andarsene perché ha infranto il suo giuramento e tutte le promesse fatte al popolo durante la campagna elettorale. È poi saputo che non è lui a gestire gli affari del Paese, bensì la leadership dei Fratelli musulmani. Secondo lei, Morsi si piegherà alla richiesta di abbandonare la sua carica? Se la leadership della Fratellanza, rappresentata dalla Guida e dal suo vice, prenderà una decisione in tal senso, egli non avrà altra scelta. E io penso che lo faranno presto.
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