martedì 5 febbraio 2013
​Con 400 voti a favore e 175 contrari, il Parlamento britannico ha dato il primo via libera alla legge che autorizza i matrimoni tra persone dello stesso sesso. La metà dei Conservatori si è espressa contro la legge. Il premier Tory, Cameron: renderà più forte la nostra società.
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Dopo un dibattito durato oltre sei ore la Camera dei Comuni ha emesso ieri sera il suo verdetto sul matrimonio gay e con un voto la maggioranza dei deputati – 400 contro 175 – ha detto sì alla nuova legge tanto voluta del premier David Cameron che ieri l’ha definita come «un passo avanti che renderà la nostra società più forte». Ma per Cameron è stata comunque una sconfitta visto che più della metà dei deputati del suo paritito, 175 contro 132, gli ha votato contro. Tutto come previsto invece dal fronte dei liberaldemocratici, l’altra metà della coalizione di governo, e da quello dei laburisti che formano l’opposizione, che si sono schierati unanimamente a favore. Ma non è finita qui, il progetto di legge dovrà passare a maggio l’approvazione della Camera alta del Parlamento, quella dei Lord, dove molti esponenti hanno espresso nei giorni scorsi dubbi e riserve definendola «prematura». Poi dovrà tornare ai Comuni per un secondo voto. Le «preoccupazioni» espresse dai Lord si aggiungono a quelle della comunità cristiana, di gran parte della popolazione, almeno il 70 per cento secondo un recente sondaggio del Daily Telegraph, e dei deputati conservatori che ieri hanno dato voce al loro dissenso. «Il matrimonio è l’unione tra un uomo e una donna – ha detto ai Comuni il conservatore Roger Gale –. È stato così storicamente e così dovrebbe essere. È assurdo, un po’ come mettere piede in territorio orwelliano o nel paese delle meraviglie di Alice, cercare di riscrivere il lessico. Non funzionerà mai».Alle 12.45, precedendo il voto che è avvenuto ieri sera alle sette, il ministro delle Pari Opportunità Maria Miller, ha dato inizio al dibattito ai Comuni insistendo che la nuova legge «proteggerà le libertà religiose e non marginalizzerà chi crede che il matrimonio dovrebbe essere tra un uomo e una donna». Ma come potrà la legge proteggere, ha incalzato il deputato Tory Tony Baldry «quei rappresentanti della Chiesa che si rifiuteranno di celebrare matrimoni gay e saranno accusati di discriminazione e spediti a rispondere davanti alla Corte di Strasburgo? Cameron fa presto a dire che la legge proteggerà la libertà religiosa ma non è così semplice».Non c’è dubbio, gli ha fatto eco il deputato Gerald Howarth, che «dare una nuova definizione al matrimonio solleverà una lunga serie di questioni legali che saranno molto difficili da risolvere». La nuova legge, aveva detto nei giorni scorsi Miller, darà al possibilità alle coppie gay di sposarsi in cerimonie civili ma anche religiose se le istituzioni religiose a cui fanno riferimento lo consentiranno. La Chiesa anglicana sarà l’unica, essendo la Chiesa di Stato (e pertanto secondo la legge attuale obbligata a sposare chiunque glielo richieda), a essere “esentata” per legge a unire in matrimonio le coppie gay. Questa, assieme alla Chiesa cattolica, si è da sempre opposta all’introduzione del matrimonio gay. E anche nel giorno del suo insediamento a Lambeth Palace, lunedì scorso, il nuovo arcivescovo di Canterbury Justin Welby, ha tenuto a ribadire il suo sostegno. «Rimarco la mia posizione e il mio sostegno alla Chiesa di Inghilterra – ha ricordato ieri l’<+corsivo>Osservatore Romano<+tondo> –, e in occasione della mia nomina e ribadisco che per la Chiesa anglicana il matrimonio sarà sempre l’unione tra un uomo e una donna». Anche la Chiesa cattolica ha condotto una lunga battaglia contro le nuove norme, diffondendo in ogni parrocchia cartoline che i fedeli potevano usare per chiedere ai parlamentari della loro circoscrizione elettorale di votare contro. E non sembra pronta ad arrendersi. Solo due giorni fa l’arcivescovo di Southwark Peter Smith aveva chiesto di non smettere di pregare affinché la legge non venga approvata. «La definizione di matrimonio come unione di un uomo e una donna – a aveva insistito – precede sia lo Stato che la Chiesa e nessuna di queste due istituzioni ha il diritto di cambiarla».​
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