venerdì 30 giugno 2023
Terza notte di violenze, non solo nella banlieue parigina. In tutto il Paese 249 agenti feriti e 667 arresti. E ora non si esclude lo stato di emergenza
Così si presentava stamani un quartiere periferico di Roubaix, dopo le violenze della notte

Così si presentava stamani un quartiere periferico di Roubaix, dopo le violenze della notte - Reuters

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Fiamme appiccate in scuole e municipi, sassaiole, scontri, saccheggi indiscriminati di negozi. Alle porte di Parigi, esplosioni notturne a ripetizione in mezzo ai sorvoli d’elicotteri. Più che mai, un clima surreale è piombato nella capitale ricca e usualmente scintillante, dopo la terza notte dal clima insurrezionale nelle banlieue che ha visto schizzare le statistiche, interessando ancor più tutte le periferie del Paese e materializzando lo spettro di un remake dell’autunno dei roghi 2005.

Detonazioni a raffica, saccheggi indiscriminati e sassaiole al posto degli urli festosi dei concerti. Roghi dolosi, sorvoli d’elicotteri e lo schieramento di 18 blindati della gendarmeria in quest’inizio d’estate ammaliato usualmente la sera da fuochi d’artificio spumeggianti. Ora lo senario sembra invece quello di una guerra. A Parigi e nel resto della Francia, fra senso di vertigine e paura, s’è ancor più ingigantito lo tsunami di violenza giovanile innescato martedì dalla morte a un posto di blocco, per mano d’un poliziotto, del 17enne Nahel. Timori, ormai, anche per il suo funerale, previsto sabato pomeriggio alla moschea di Nanterre. A Rouen, in Normandia, è invece morto oggi un ventenne, presunto manifestante, precipitato l’altra notte dal tetto d’un supermercato, in circostanze non chiare.


Dopo tre notti di fila sempre più devastanti, l’esecutivo non esclude d’imporre presto lo stato d’emergenza, come la premier Élisabeth Borne ha fatto comprendere fin dal mattino. «Nessun tabù», pur trattandosi d’un dispositivo che tanto ricorda la Guerra d’Algeria.

Palpabilissima, in giornata, la paura di un remake dell’autunno 2005 dei roghi, di fronte alle scene di desolazione lasciate all’alba dalle lunghissime ore di guerriglia e scorribande urbane contro cui spesso ben poco hanno potuto i 40mila agenti in tenuta antisommosa schierati fin da giovedì sera in tutto il Paese. In poche ore, considerando solo la regione parigina, ben 1.569 incendi registrati anche presso commissariati, uffici comunali, scuole, mezzi pubblici, con ben 21 autobus finiti in fumo, così come per 640 cassonetti e 5 depositi di materiale di cantiere.


In pieno centro a Parigi, persino presso la rue de Rivoli su cui si affaccia il Louvre o il non lontano centro commerciale delle Halles, dei gruppi di giovani si sono dati al saccheggio indiscriminato di negozi commerciali, dopo aver infranto per prime le vetrine di noti marchi d’abbigliamento. Persino la circonvallazione è stata dunque scavalcata con disarmante disinvoltura, accrescendo il senso di pericolo fin nei perimetri turistici e del lusso. Tanto che in giornata, le diplomazie di vari Paesi, compresi la Germania e il Regno Unito, hanno espresso «preoccupazione» per la situazione, o esortato alla prudenza chi è di passaggio oltralpe. In tutto il Paese, ci sono stati 875 arresti, con 249 agenti rimasti feriti, secondo il ministro dell’Interno Gérald Darmanin, che ha biasimato amaramente «una notte di rara violenza», annunciando in serata un ulteriore potenziamento a 45mila unità, supportate dalle teste di cuoio.


Costretto ad anticipare il proprio rientro dal Consiglio europeo di Bruxelles, il presidente Emmanuel Macron se l’è presa con la «strumentalizzazione inaccettabile della morte di un adolescente», facendo appello al «senso di responsabilità» delle famiglie dei tanti minorenni che si sono riversati in strada, rappresentando poi circa un terzo delle persone fermate dalla polizia. Il Paese vive «una situazione inaccettabile e ingiustificabile», ha martellato il capo dell’Eliseo, chiedendo pure la collaborazione dei social per un ritiro tempestivo dei contenuti impiegati per nutrire, di ora in ora, un’emulazione all’insegna delle violenze.
Sostengono certi pompieri e agenti già testimoni delle drammatiche notti del 2005 che neppure allora si raggiunsero picchi di violenza simili, fra bottiglie incendiarie e pensiline divelte pure da black bloc infiltrati più o meno improvvisati.
E spiazza pure la spregiudicatezza di chi colpisce ormai in pieno giorno, come ieri pomeriggio a Strasburgo, dove un ‘Apple store’ è stato razziato da ragazzini istigati via Snapchat. Nel Midi, invece, scontri diurni fra giovani e polizia persino sulla Canebière, il viale più centrale di Marsiglia.
Soprattutto nella regione parigina, ma non solo, si è estesa così la cerchia dei comuni i cui sindaci, esterrefatti dalle devastazioni, hanno chiesto il coprifuoco notturno. A livello nazionale, poi, una raffica di divieti preventivi, fra feste scolastiche di fine anno, concerti ed altri eventi pubblici annullati. Chieste dall’esecutivo pure forti limitazioni nella circolazione serale dei mezzi di trasporto.
A livello politico, scintille pure dall’ultradestra: Marine Le Pen vuole che l’Eliseo convochi i capipartito, mentre Eric Zemmour invoca una «repressione feroce». Ai cari di Nahel, è giunta una prima richiesta di perdono dal poliziotto assassino inchiodato dai video, incarcerato con l’accusa d’omicidio volontario.

Macron e le sfide alla piazza. Ora ha davanti 5 milioni di "invisibili"

Visitate pure Nîmes, il capoluogo del Midi famoso per la sua arena romana. Ma spostatevi poi nella periferia sud-ovest, dove svettano i sinistri palazzoni della cité dormitorio di Pissevin-Valdegour, dove vivono 16mila abitanti concentrati in 93 ettari. Una sorta di città fuori dalla città inchiodata da una disoccupazione oltre il 70%. Oppure, se si preferisce il Nord transalpino, si può visitare la banlieue popolosa di Roubaix, dove le suggestioni romantiche della celebre classica ciclistica rischiano di spegnersi, quando si giunge nel quartiere di Blanc-Seau-Croix Bas St Pierre, dove non ha lavoro più della metà degli oltre 70mila abitanti. Se si vuole restare a prossimità di Parigi, può rivelarsi istruttiva una visita nel labirinto di cemento del quartiere di Le Franc-Moisin, a Saint-Denis, abitato da oltre 10mila persone. Proprio qui, a fine aprile, una nuova retata contro lo spaccio di stupefacenti, con l’arresto di 14 persone. Oltre a 200mila euro in contanti, sono state sequestrate cocaina, eroina e resina di cannabis, assieme a 6 armi. Non lontano dal futuro Villaggio olimpico di Parigi 2024, il quartiere è segnato pure dall’abbandono scolastico.

Sono solo 3 esempi dei circa 1.500 «quartieri prioritari» di banlieue disseminati in tutto il Paese, ormai chiamati così nel linguaggio ufficiale per sottolineare la necessità d’interventi urgenti di riqualificazione architettonica e lotta a tante piaghe, non di rado collegate, come povertà, trasporti insufficienti, violenze e sottomissione contro le donne. In tutto, vivono qui circa 5,5 milioni di persone, ovvero l’8% dei francesi. Nell’immaginario nazionale, queste aree di segregazione, non di rado stigmatizzate, sono spesso pure associate alle “minoranze visibili” con radici familiari extraeuropee e al culto islamico, trattandosi di quartieri in cui sono frequenti, fra l’altro, le richieste di creazione di moschee e sale musulmane di preghiera. Sul fronte della sicurezza e della criminalità talora endemica, c’è chi parla pure di «territori persi dalla Repubblica».

È la Francia che non viene quasi mai mostrata in tv sullo sfondo della carovana del Tour de France. Quella spesso mal collegata da cui restano a distanza gli itinerari turistici. Una Francia che a livello cinematografico fu davvero messa in luce in primis nel 1995 dal film L’Odio, di Mathieu Kassovitz. Un’opera centrata proprio sul risentimento potenzialmente esplosivo e sul senso d’esclusione dei giovani di banlieue, poi considerata da molti come "profetica" nel 2005, al momento dello scoppio dell’autunno dei roghi notturni giovanili. Sempre nel 2005, ma a giugno, fece scalpore, divenendo poi quasi proverbiale in chiave negativa, una frase estremamente controversa dell’allora ministro dell’Interno neogollista Nicolas Sarkozy, pronto a citare una marca di pulitori a vapore durante un sopralluogo nella banlieue: «Da domani, passiamo la cité al Karcher. Ci metteremo gli effettivi necessari e il tempo che occorrerà, ma sarà ripulita».

Lo stesso Sarkozy, giunto meno di 2 anni dopo all’Eliseo, viene ancor oggi considerato come un "maestro" dall’attuale ministro dell’Interno Gérald Darmanin, macroniano di ascendenza conservatrice. Per la sinistra, invece, è proprio questo tipo di linea dura a dominante repressiva, assieme al susseguirsi senza fine di promesse d’integrazione non tenute, a soffiare sulle braci mai spente della rabbia.

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