giovedì 29 giugno 2023
Due notti di roghi e scontri con la polizia dopo l'uccisione del 17enne da parte di un agente. 150 arresti. 40mila poliziotti schierati nelle città. Macron nel mirino: violenze ingiustificabili
La marcia bianca a Nanterre. Sull'autovettura, la madre del ragazzo ucciso martedì dal poliziotto

La marcia bianca a Nanterre. Sull'autovettura, la madre del ragazzo ucciso martedì dal poliziotto - ANSA

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Un uragano fuori controllo di rabbia, roghi dolosi e scontri. Soprattutto di notte, ma capace oggi pomeriggio di guastare e sconvolgere persino l’attesa ‘marcia bianca’ in memoria del 17enne Nahel, ufficialmente organizzata a Nanterre, nella banlieue ovest di Parigi, per una pacificazione.

In Francia si è messo a tremare come un ossesso il sismografo della tensione sociale, spingendo i vertici a correre ai ripari, con mezzi quasi mai visti prima: da questa sera, ben 40mila agenti schierati in tutto il Paese, in tenuta antisommossa, a cui già nel pomeriggio hanno dato man forte persino reparti delle teste di cuoio, proprio per sedare la marcia degenerata. In alcuni comuni, pure una prima notte con il coprifuoco, con la circolazione serale dei mezzi pubblici sospesa in tutta la regione parigina e a Lilla.

Proprio ore convulse, oggi, vissute dal governo sul filo delle riunioni di crisi, confermando nei fatti un timore lancinante: vivere un tragico remake dell’autunno 2005, con quello spaventoso ruggito collettivo di rabbia giovanile che unì sinistramente per settimane, fra devastazioni e incendi notturni, i sobborghi della segregazione. Insomma, un odierno «effetto Nahel», dal nome del 17enne ucciso a freddo da un poliziotto martedì scorso a Nanterre sotto lo sguardo di testimoni pronti a registrare e postare tutto, neppure 20 anni dopo l’«effetto Zyed e Bouna», come si chiamavano invece i due adolescenti morti nel 2005 durante un inseguimento di polizia a Clichy-sous-Bois.

Mercoledì sera, le autorità avevano già schierato 9mila agenti a presidio, presto spiazzati e persino travolti. Talora costretti alla ritirata di fronte all’accelerazione imprevista e forsennata del tornado notturno di sassaiole, scorribande, sabotaggi, deflagrazioni e fiamme, rispetto alla prima notte violenta di martedì. Da Turcoing a Tolosa, passando per la cintura attorno a Parigi, decine di auto, cassonetti, mezzi pubblici, uffici comunali o scuole dati alle fiamme, fra pensiline divelte e vetrine infrante. Tutto un fragore di esplosioni e sirene spiegate di polizia e pompieri che ha tormentato gli insonni anche nel cuore della capitale.

«Siamo in guerra», ripetevano al mattino pure molti increduli colletti bianchi giunti come ogni giorno alla Défense, il quartiere d’affari delle sfarzose sedi direzionali di tante multinazionali, limitrofo di Nanterre e ormai presidiato notte e giorno da battaglioni d’agenti. All’alba, impressionanti le scene di devastazioni e vetture carbonizzate, dopo una notte in cui sono state fermate più di 180 persone. Solo fra gli agenti, «170 feriti», secondo il ministro dell’Interno, Gérald Darmanin. «Violenze ingiustificabili», ha tuonato in mattinata il presidente Emmanuel Macron, la cui agenda è stata scombussolata, come per i ministri, chiamati a rinviare tutte le trasferte non indispensabili.

Dei 40mila effettivi schierati oggi, solo 5mila attorno a Parigi, a riprova di focolai ormai individuati o temuti in tutto il Paese. Già due comuni – Clamart e Compiègne – hanno dichiarato il coprifuoco. La destra neogollista chiede lo stato d’emergenza, il dispositivo giuridico speciale noto per essere stato imposto durante la Guerra d’Algeria, prima d’un bis proprio nelle settimane autunnali convulse del 2005.

«Ne avevo uno, era la mia vita», ha detto Mounia, la madre di Nahel all’origine della “marcia bianca” partita dalla cité povera Pablo Picasso in cui il giovane è cresciuto. «Giustizia per Nahel!», hanno scandito gli oltre 6mila partecipanti. Ma pure «Mai più tutto questo!», o «La polizia uccide!», fra tanti appelli alla pacificazione, come quello accorato di monsignor Matthieu Rougé, vescovo di Nanterre, «in nome della fratellanza fra le religioni». Poi, a metà pomeriggio, lo scenario si è incrinato, in mezzo a nuove violenze e ai lacrimogeni della polizia, questa volta in pieno giorno, non lontano dal viale in cui il 17enne era stato freddato, subito dopo aver violato l’alt di due poliziotti motociclisti. Immagini intollerabili viste e riviste dall’intero Paese, fra notiziari tv, social e schermi d’ogni tipo, suscitando forte identificazione soprattutto nella Francia multiculturale dei quartieri-alveari segregati.

Sul piano giudiziario, invece, è stato formalmente incriminato e incarcerato il poliziotto assassino, indagato per omicidio volontario. «A questo stadio dell’inchiesta, la procura considera che non vi erano le condizioni legali per l’uso dell’arma», ha precisato il procuratore di Nanterre, Pascal Prache. Ma persino l’eco di questa tappa giudiziaria, ormai, rischia di restare in sordina, se crescerà ancora l’uragano di rabbia che incombe sul Paese.

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