giovedì 29 aprile 2021
In un territorio preda di cento gruppi armati, ragazzi della scuola primaria e secondaria da una settimana dormono davanti al municipio per chiedere l'intervento del presidente contro le violenze
Una manifestazione dei bambini vicino al municipio di Beni, nella regione congolese del Nord Kivu

Una manifestazione dei bambini vicino al municipio di Beni, nella regione congolese del Nord Kivu

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Una protesta di giovani come mai si era vista prima nella regione del Nord Kivu, a pochi chilometri da Goma dove lo scorso 22 febbraio è stato assassinato l'ambasciatore italiano Luca Attanasio, con il suo autista Mustapha Milambo e il carabiniere Vittorio Iacovacci. Oltre 500 studenti, dalla scuola primaria alla secondaria, dal 21 aprile scorso sono davanti al municipio di Beni per chiedere la pace e l'intervento in presenza, nella regione, del presidente della Repubblica congolese, prima di riprendere le lezioni. Un sit-in silenzioso ma organizzato e strutturato anche per prevenire eventuali disordini, grazie all'istituzione di commissioni e alla definizione di una disciplina di comportamento condivisa tra i manifestanti. L'obiettivo è denunciare le continue violenze contro la popolazione in un territorio preda di oltre 100 gruppi armati anche a causa delle importanti risorse del sottosuolo.

Esasperati dalla mancanza di interventi da parte delle istituzioni, gli alunni della regione di Beni in una lettera aperta indirizzata al presidente Félix Tshisekedi avevano chiesto al capo dello Stato di intervenire in soccorso della popolazione di Beni, entro 72 ore. Scadute le quali, il 21 aprile i ragazzi hanno marciato pacificamente verso il municipio di Beni dove sono attualmente fermi in sit-in. Vestiti con le magliette e i calzoncini della divisa scolastica, da oltre una settimana durante il giorno stanno tutti seduti a terra, mentre la notte dormono all'aperto su materassi e sedie di fortuna. Solo i più piccoli in tende improvvisate. Tra di loro, infatti, ci sono anche alcuni minori di 10 anni. Chi ha i genitori assicura di avere il loro permesso, alcuni sono orfani proprio a causa degli scontri tra milizie, altri sono accompagnati da adulti.

Come spiega don Robert Kasereka, presidente dell'Opam (Opera di promozione dell'alfabetizzazione nel mondo), "con questa pacifica protesta i ragazzi vogliono ricordare al presidente della Repubblica democratica del Congo di mantenere le promesse elettorali di un anno fa quando prese l'impegno di fermare i massacri a Beni. La popolazione ha bisogno della sua presenza per poter ritornare a vivere serenamente e in pace. I bambini e i ragazzi di Beni chiedono solo di poter tornare a scuola senza paura, come gli altri bambini del mondo”.

"Dovrei essere al terzo anno di studi superiori ma sono ancora in terza media – racconta Lizette Kahavo, 22 anni, che vive a Beni dal 2017 accolta qui da una famiglia dopo aver perso i suoi genitori -. A causa dei massacri ho dovuto abbandonare la scuola per mancanza di fondi. Mio padre e tre miei fratelli sono stati uccisi. Io ho assistito da un nascondiglio a tutto questo. Voglio che queste uccisioni finiscano. Ho voluto unirmi agli studenti affinché le nostre grida di angoscia possano essere ascoltate dal mondo intero. Sono grata a chi ci sostiene in vari modi in questo momento. La polizia sta qua attorno a noi per proteggerci, mentre è incapace di farlo nei nostri villaggi dove ogni giorno persone innocenti vengono uccise, senza poter contare su alcuna difesa".

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