martedì 21 febbraio 2012
Negozi vuoti e consumi a picco. Si vendono solo computer e palmari, ma per poter cogliere gli sconti eccezionali promossi dalle catene online. La città è tutta in saldo. Perfino il Partenone: riprese video a prezzi «stracciati».
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«Chiamiamolo pure "effetto-Merkel" – dice Costas Stratis, direttore commerciale della Dixon Research, che analizza i flussi di vendita dei prodotti di largo consumo – sta di fatto che è aumentato vigorosamente l’acquisto di computer, palmari e smart phone, nonostante la crisi. E ad acquistarli sono i ceti medi e medio bassi. Sembra una contraddizione, vero? Invece no: perché sono strumenti che permettono di navigare in rete e di fare acquisti a prezzi ridotti rispetto ai normali negozi». Comincia da qui la nostra caccia alla Grecia fai-da-te, un percorso che si snoda dalle stanze del governo fino al piccolo dettagliante ma che rivela come per il cittadino afflitto da cinque anni di recessione e da continui annunci di misure di contenimento della spesa pubblica la cognizione della crisi sia ormai una certezza. «Ci sono sconti anche del 60% su abbigliamento e alimentari. E ci sono supermercati on line che fanno grandi affari – spiega Georgios Argyrakis, senior manager della Sony Hellas –. Inutile dire che questo costringerà i negozi tradizionali a stringere ulteriormente la cinghia, qualcuno a chiudere i battenti. Ringraziando la Merkel». È vero. Passeggiando per Kolonaki, il quartiere-bene di Atene, la crisi delle griffe e dei negozi di lusso si coglie al volo. Grandi sconti, pochissimi clienti. E una vasta migrazione sul web, dove l’affare sembra (e non di rado è) a portata di mano.Ma anche il governo greco si vede costretto dalla penuria di risorse a ridurre certi prezzi. Quelli dei suoi gioielli, per cominciare. Dice George Tsokopoulos, producer della Avion Films: «Un tempo occorrevano 1.800 euro al metro quadrato per filmare una scena con uno sfondo archeologico importante, non dico il Partenone, ma un qualunque tempio in Grecia. Capitò che il Kas (il Consiglio Archeologico di Stato) chiedesse 300mila euro per quindici minuti di riprese. Ne sa qualcosa Francis Ford Coppola, che dovette sputare sangue per riuscire a filmare per due minuti l’Acropoli. Ultimamente il Kas ha finito per concedere un’ora intera per soli 10mila euro. Una vera svendita».Si risparmia e si soffre, con un’economia che nel 2011 si è ridotta di un ulteriore 6,8% (ma scenderà fino al 25-30% secondo stime della Banca Mondiale) e un tasso di disoccupazione che supera il 20%: cifre sinistramente simili a quelle argentine o lettoni. Per non dire della silenziosa transumanza che costringe molte coppie che hanno perduto il lavoro o hanno visto defalcato il proprio stipendio a tornare a vivere con i genitori. «Nella sola zona di Atene sono almeno trentamila le famiglie che sono state costrette a disdire il contratto di affitto. E quando ci sono dei figli il problema è ancora più complicato», dicono all’Ufficio statistico.L’arte di arrangiarsi si tocca con mano al Pireo, dove fra navigli in sciopero e piccole compagnie di navigazione che contrattano la propria sorte al Tribunale fallimentare si fa strada l’antica risorsa dell’<+corsivo>antallaghé<+tondo>, il baratto, lo scambio dei beni: abiti smessi contro detersivi, posate e attrezzi contro lampadine e carta igienica. «Vengono da tutto il circondario – spiegano gli agenti di polizia che pattugliano svogliatamente questo mercato a cielo aperto che giorno dopo giorno allarga le sue ali alle vie circostanti il lungomare – sbarcano dalla fermata della metropolitana e si scambiano di tutto, anche generi alimentari». Nessuna meraviglia. All’Università di Atene molti stipendi sono stati dimezzati usando una formula quasi diabolica: si può scegliere se lavorare metà anno a stipendio pieno oppure tutto l’anno al 50%. E sono in molti a scegliere il tempo pieno pur di non rischiare di trovarsi con il posto di lavoro sfumato.Sospesa fra l’umiliante tutela della <+corsivo>troika<+tondo> che offre aiuti in cambio di un’occhiuta sorveglianza sui conti ellenici e un orgoglioso risentimento nei confronti di un’Europa tutt’altro che unita e men che meno solidale, la Grecia scopre nelle proprie viscere il tarlo dell’invidia, la zéleuan. E non solo nei confronti dei ricchi, per i quali la crisi praticamente non esiste, ma soprattutto verso quella classe pulviscolare che si annida nelle isole, fatta essenzialmente di agricoltura e turismo, che non ha mai emesso uno scontrino o una fattura, che non paga tasse perché sconosciuta al fisco e che continuerà a non pagarle. Con buona pace di chi tira la cinghia nelle grandi città. Ma di questo parleremo prossimamente.
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