giovedì 8 dicembre 2016
Colpita la stessa zona devastata dallo tsunami del dicembre 2004. Il bilancio parla di 97 vittime, ma è destinato a crescere. Caritas indonesiana mobilitata
Terremoto a Sumatra: decine le vittime
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Un altro terremoto ha riportato nella provincia indonesiana di Aceh, sulla punta settentrionale della grande isola di Sumatra, la paura del sisma e del successivo, devastante tsunami del 26 dicembre 2004. Tanta paura, tante vittime, ma nessuna onda anomala è stata sollevata dalla scossa di magnitudo 6.5. Nella serata di ieri il bilancio della protezione civile indonesiana parlava di 97 morti, ma sono destinati ad aumentare. Sono centinaia i feriti di cui una novantina in gravi condizioni. L’area del terremoto include diversi centri abitati, tra cui il capoluogo provinciale Banda Aceh e Loskseumawe. Grande paura tra la popolazione, decimata 12 anni fa dallo tsunami sollevato da una scossa di magnitudine 9.2 che sulle stesse coste fece 120mila morti sui 230mila complessivi. Molti residenti della costa hanno preferito passare diverse ore sulle alture temendo la violenza del mare. Come in altri eventi simili del recente passato la Caritas indonesiana si è già attivata e suoi operatori sono in viaggio dalla città di Medan per recarsi sul luogo. «Si tratta di un’area in cui la necessità di interventi di emer- genza si ripete purtroppo frequentemente per fenomeni di origine vulcanica ed anche per le inondazioni che spesso seguono le piogge; per questa ragione la Caritas diocesana di Medan dispone di un team di rapida attivazione che è stato immediatamente allertato», ha segnalato Caritas Italia.

Quella dei terremoti e, se le condizioni li favoriscono, di successivi tsunami è un rischio costante per buona parte dell’arcipelago indonesiano, ma soprattutto per le regioni settentrionali di Sumatra per la prossimità a faglie sottomarine attive e dal grande potenziale distruttivo. La regione, tuttavia, ricca di risorse e favorita dalla prossimità alla Penisola di Malacca e Singapore, non ha nella natura l’unica fonte di problemi. Anzi, proprio la devastazione dello tsunami del 2004 costrinse al tavolo del negoziato governo e militanti del movimento indipendentista Gam, avviando un processo di pace concretizzatosi successivamente con un’ampia autonomia per la provincia di Aceh. Un’autonomia in cui è centrale l’identità islamica.

Non a caso, Aceh è finora l’unica provincia dell’immenso arcipelago indonesiano, musulmano in maggioranza, ad applicare integralmente la legge coranica. Avversata da molti, perché centrale nella propaganda di gruppi come quello dei Difensori dell’Islam che mirano a estendere la Sharia all’intero Paese e a ridurre diritti e possibilità delle minoranze. Come la costante richiesta di demolizione di edifici adibiti a celebrazioni cristiane per gli islamisti non dotati dei permessi necessari. Poco più di una anno fa, dopo il rogo di un centro di preghiera e gli scontri attorno a un altro con un morto e una decina di feriti, le autorità avevano accolto le richieste degli estremisti e demolito una decina di luoghi di culto cristiani, di cui tre cattolici, in maggioranza nel distretto di Singkil. Successivamente, l’intervento dei leader cristiani aveva consentito il rientro di migliaia di battezzati che si erano allontanati temendo ritorsioni.

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