mercoledì 20 maggio 2020
La scelta del leader palestinese è la risposta all'intenzione di Netanyahu, avallata da Washington, di procedere alle annessioni di parti della Cisgiordania. Un rapporto di Oxfam sulle violenze
Il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen

Il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen - Ansa

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Il presidente palestinese, Abu Mazen, ha annunciato la fine di tutti gli accordi con Israele e gli Stati Uniti e affermato che il primo, come potenza occupante, è responsabile dei territori che occupa. L'annuncio arriva in un momento di particolare tensione, dopo che il governo israeliano di Benjamin Netanyahu, ancora prima dell'insediamento di domenica, ha annunciato l'intenzione di annettersi parte del territorio occupato della Cisgiordania, come del resto prevede il piano di pace proposto da Washington a gennaio. "L'Organizzazione per la liberazione della Palestina e lo Stato della Palestina sono da oggi esentati da tutti gli accordi e le intese con i governi americano e israeliano e da tutti gli obblighi ivi previsti, compresi quelli di sicurezza", si legge nella dichiarazione presidenziale, pubblicato dall'agenzia statale Wafa.

Abu Mazen esorta Israele ad assumersi i propri obblighi in quanto potenza occupante "con tutte le conseguenze e le ripercussioni basate sul diritto internazionale e umanitario, in particolare la Quarta Convenzione di Ginevra". Il che riguarda, aggiunge, le responsabilità per la sicurezza della popolazione civile nei territori occupati e delle sue proprietà, il divieto di punizioni collettive, del furto di risorse, dell'annessione di terra e di trasferimenti di popolazione dall'occupante agli occupati, che "costituiscono gravi violazioni e crimini di guerra".

Il presidente palestinese ha ripetuto il netto rifiuto della proposta di pace statunitense e condannato la decisione dell'amministrazione Trump di trasferire l'ambasciata a Gerusalemme e riconoscere la città come capitale di Israele. Per contro il presidente palestinese ha ripetuto il suo appoggio a uno Stato indipendente, contiguo e sovrano nelle frontiere del 1967, con Gerusalemme Est come capitale, e "una pace giusta e completa basata nella soluzione dei due Stati".

La "preoccupazione" della Santa Sede

La situazione in Medio Oriente preoccupa la Santa Sede, che in un comunicato informa che monsignor Paul Richard Gallagher, segretario per le Relazioni con gli Stati, è stato raggiunto telefonicamente da Saeb Erekat, capo negoziatore e segretario generale dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina. Il rappresentante palestinese, si legge nella nota, ha voluto informare la Santa Sede “circa i recenti sviluppi nei Territori Palestinesi e della possibilità che la sovranità israeliana venga applicata unilateralmente a parte di dette zone, cosa che comprometterebbe ulteriormente il processo di pace”.

La Santa Sede ribadisce che “il rispetto del diritto internazionale, e delle rilevanti risoluzioni delle Nazioni Unite, è un elemento indispensabile affinché i due popoli possano vivere fianco a fianco in due Stati, con i confini internazionalmente riconosciuti prima del 1967”. La Santa Sede segue inoltre “attentamente” la situazione ed esprime “preoccupazione per eventuali atti che possano compromettere ulteriormente il dialogo”, auspicando che gli israeliani e i palestinesi possano trovare “di nuovo, e presto, la possibilità di negoziare direttamente un accordo, con l’aiuto della comunità internazionale, e la pace possa finalmente regnare nella Terra Santa, tanto amata da ebrei, cristiani, musulmani”.

Il coronavirus non ferma le violenze dei coloni sui civili palestinesi​

Intanto dallo scoppio della pandemia, in Cisgiordania, si registra un'escalation di violenza dei coloni sui civili palestinesi, con 127 attacchi solo dal 5 marzo. Mentre da un lato le autorità israeliane si sottraggono sistematicamente al compito di tutelare centinaia di famiglie dagli abusi (a cui sarebbero obbligate dal diritto internazionale, come nazione occupante), dall’altro intensificano le azioni di demolizione di immobili ritenuti abusivi, gli sfollamenti forzati e si impedisce l’accesso della popolazione palestinese ai terreni agricoli. Questi fatti sono documentati da Oxfam in un rapporto intitolato "Violenza e impunità in Cisgiordania al tempo del coronavirus". Per scaricarlo clicca QUI.





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