venerdì 16 giugno 2023
Una Cina senza figli: perché il gigante ha sbagliato i suoi conti

Web

COMMENTA E CONDIVIDI

Da quando il Partito comunista cinese è salito al potere a Pechino nel 1949, solo una volta la popolazione cinese ha registrato un deficit di nascite rispetto ai decessi. È stato nel 1961, quando la politica collettivista del “Grande balzo in avanti” ha portato a un crollo della produzione alimentare, con conseguente aumento dei decessi e calo delle nascite. Ma dal 2022 in Cina sembra essere in atto un processo di spopolamento. Perché?

1) La cosiddetta politica del figlio unico, applicata con una grande rigidità burocratica dal 1979 al 2015, ma con scarsa comprensione dei processi demografici e senza alcuna visione a lungo termine, sembra aver finito per permeare la mentalità delle giovani generazioni, soprattutto delle giovani donne. Con l’entrata in vigore nel 2016 della legge a favore dei “due figli” e l’incoraggiamento ad avere “tre figli” a partire dal 2021, il governo sta ora cercando di sostenere la maternità. La politica del figlio unico si è rivelata fallimentare, perché ha spinto i genitori a investire eccessivamente nell’educazione del loro unico figlio. Questo costoso investimento, volto a preparare il figlio alla competizione scolastica e poi professionale che dovrà affrontare, non permette ai genitori di prendere in considerazione l’idea di avere altri bambini, per i quali non sarebbero in grado di fare lo stesso investimento. Inoltre, soprattutto nelle aree urbane, le donne ormai si sposano sempre più tardi, il che, in un Paese in cui la percentuale di nascite fuori del matrimonio è molto bassa, ritarda i possibili parti e riduce il numero potenziale dei fratelli, dato che la fertilità diminuisce con il crescere dell’età. Di conseguenza, il tasso di fecondità cinese, sceso sotto il livello di sostituzione all’inizio degli anni ‘90, continua a rimanere molto basso.

2) Il continuo calo del numero di nascite dal 1992 non è dovuto solo alla bassa fecondità. A partire dagli anni 2010 è stato accentuato dal calo del numero di donne che raggiungono l’età fertile a seguito della bassa fecondità registrata circa 20 anni prima.

3) A questo forte calo del numero di donne si aggiunge il deficit di bambine maturato durante gli anni del controllo coercitivo delle nascite. Infatti, la politica del figlio unico ha avuto l’effetto di accentuare la preferenza per i maschi, il che ha portato a una sovramortalità delle ragazze rispetto ai ragazzi: le bambine hanno complessivamente ricevuto meno attenzioni e cure dei maschi, poi, quando l’ecografia è diventata una pratica diffusa, è stata la volta degli aborti selettivi. Molti uomini cinesi adulti hanno fatto arrivare donne da Paesi stranieri, ma questa pratica non è riuscita a compensare il deficit iniziale di ragazze.

4) La Cina si distingue per il fenomeno delle cosiddette “popolazioni fluttuanti”, stimate in 300 milioni di persone. Si tratta di cinesi che lavorano senza permesso amministrativo in un territorio diverso da quello a cui sono assegnati con il passaporto nazionale (l’Hukou). Queste popolazioni non sono incoraggiate ad avere figli nel luogo in cui risiedono illegalmente, perché gli eventuali figli si troverebbero anch’essi in una situazione di illegalità, cioè non sarebbero riconosciuti dalle autorità pubbliche e quindi verrebbero penalizzati in termini di salute o istruzione.

5) A partire dagli anni 80, la politica di pianificazione territoriale del Partito comunista cinese è consistita soprattutto nell’incoraggiare l’urbanizzazione. Tuttavia, nelle città, in particolare nelle numerose metropoli del Paese, i costi degli alloggi sono spesso molto elevati. In Cina è tradizione diffusa che un giovane debba possedere una casa prima di sposarsi, il che posticipa l’età del matrimonio e riduce la possibilità di avere una discendenza numerosa. Ma il costo della casa riduce anche la possibilità di acquistarne una grande; questo fatto, unito ai maggiori costi dell’istruzione, non incoraggia le coppie ad avere più di un figlio.

6) All’altra estremità della piramide delle età, dal 2005 il numero di decessi in Cina è aumentato a causa della “gerontocrescita”, cioè dell’aumento del numero di anziani che hanno la più alta probabilità di morte. La pandemia di Covid-19 ha accentuato questo aumento.

7) Infine, dal 1949 il saldo migratorio netto della Cina è stato costantemente negativo. Di fatto, il ruolo delle migrazioni internazionali non riesce a compensare l’eccesso di morti rispetto alle nascite.

Il futuro non è mai già scritto, ma gli sviluppi che si stanno osservando in Cina erano comunque prevedibili. La forte inerzia demografica, e in particolare l’eredità degli effetti perversi della politica del figlio unico, che ha lasciato un segno profondo nella società cinese sia in termini quantitativi che qualitativi, impregnando le mentalità, porta a privilegiare lo scenario di un continuo calo della popolazione. Tale tendenza va considerata alla luce dell’invecchiamento della popolazione e del calo della componente attiva. Introducendo e mantenendo per lungo tempo la politica del figlio unico, Pechino ha senza dubbio dimenticato la famosa frase di Confucio: «Chi non si preoccupa del futuro si condanna a preoccupazioni immediate».

* Questo articolo è stato pubblicato sul numero 762 della rivista Population & Avenir, di cui l’autore, demografo e geografo della Sorbona, è direttore.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: