sabato 20 marzo 2021
La storia tragica dell'Isola di Pasqua è la storia di quella risorsa fondamentale per la qualità della vita: il "bene comune"
I Moai dell'Isola di Pasqua

I Moai dell'Isola di Pasqua - CC Andrea Vera Sasso via Pexels

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Una vera Passione quella Settimana Santa passata tra le onde, nel nulla più incerto dove finiscono le mappe e inizia l’audacia e l’avventura. Jakob Roggeveen, era ormai anziano ed era partito per quella spedizione su incarico della Compagnia Olandese delle Indie Occidentali, lasciando in patria non poche controversie sulla sua figura. Erano partiti otto mesi prima per un viaggio che aveva tanto di fuga quanto di esplorazione. Le tre navi che componevano la sua flotta, la Arend, la Thienhoven e la Afrikaansche Galey, con i loro 223 uomini di equipaggio, erano salpate un mese prima dall’isola di Juan Fernández, dove avevano fatto sosta per rifornirsi e per qualche riparazione in vista del salto nell’Oceano sconosciuto.

E poi quella mattina del 5 aprile, all’improvviso, il giorno di Pasqua di quel 1722, un’isola apparve, gettata in mezzo al nulla. Forse il pezzo di terra più isolato al Mondo: al centro del Pacifico a 3.600 chilometri a Ovest delle coste del Cile e a 2.075 km a Est delle Isole Pitcairn. Il capitano la battezzerà con il nome della festa più importante; per gli indigeni era Rapa Nui. L’isola appariva scarsamente abitata da esseri umani, mille, forse duemila in tutto. In compenso era popolata da migliaia di misteriosi manufatti. Statue ciclopiche, i Moai, raffiguranti figure umane stilizzate, con lunghe orecchie e spesso uno strano copricapo in testa.


L'articolo completo di Vittorio Pelligra

sul numero 2 di L'economia civile del 24 marzo 2021


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