mercoledì 12 gennaio 2022
Un istinto profondo che promuove equità e stabilità. Rappresenta un prezioso alleato nella salvaguardia delle risorse comuni
Le virtù della reciprocità dalla notte dei tempi
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«La sola cosa che salverà l’umanità è la cooperazione» scriveva Bertrand Russell nel 1954. Allora la civiltà era minacciata dal rischio di una guerra nucleare oggi incombe su di noi, forse ancora più imminente, quello di una catastrofe ambientale. Capire la logica che rende strutturalmente fragili i beni comuni e le strategie che possiamo adottare per salvaguardarli può certamente aiutarci a mitigare questo rischio aiutandoci ad informare politiche pubbliche più efficaci e ad operare scelte individuali più sostenibili. È questo «gioco delle risorse comuni», come sottolinea Martin Nowak, «la massima sfida attuale alla cooperazione». Abbiamo visto nelle puntate precedenti di 'La cura delle redici' (gli articoli di Vittorio Pelligra escono ogni due numeri, una volta al mese, sul dorso L’Economia Civile, ndr) come, se correttamente motivati, singoli, organizzazioni, persino Nazioni, possono trovare conveniente investire nella creazione o nel mantenimento di una buona reputazione attraverso la rinuncia a comportamenti opportunistici. Sempre più spesso, infatti, i cittadini, nel loro ruolo di risparmiatori, consumatori, educatori, orientano le loro scelte premiando chi si dimostra interessato non solo al consenso o al profitto, ma anche alla salvaguardia dei beni comuni globali: l’ambiente e le risorse naturali, in primis. Abbiamo anche visto, però, come in alcuni casi questa strategia si possa rivelare non così efficace come previsto dalla teoria economica.

Per nostra fortuna strategie che possono essere promosse nell’orizzonte della protezione dei beni comuni sono tante e variegate. Una seconda strada, in questa direzione, è quella che ci conduce sulla via della reciprocità. Il sociologo americano Alvin Gouldner fu il primo sul finire degli anni ’50 a sostenere l’esistenza di una norma di reciprocità universale e generalizzata sebbene con una formulazione concreta che può variare nel tempo e nello spazio. Una sorta di universale morale dalla cui osservanza solo pochi individui sono esenti: i giovanissimi, i malati e gli anziani. Il principio di reciprocità regola gli scambi imponendo che le persone aiutino coloro che le hanno aiutate, che le persone non arrechino danno a coloro che le hanno aiutate e che, infine, chi trasgredisce queste regole possa essere legittimamente sanzionato. Mentre questo ultimo punto sarà oggetto di riflessioni future, vorrei ora soffermarmi sulla prima parte: aiutare o, quantomeno, non arrecare danno a chi ci ha aiutati. È un universale morale, abbiamo detto, che a sua volta trova fondamento nella 'regola d’oro' 'Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te' e nella 'regola d’argento', 'non fare agli altri ciò che vorresti non fosse fatto a te'. Precetti che ritroviamo in tutti i grandi codici morali e religiosi, dall’ebraismo, all’islam, dal buddismo al cristianesimo e che danno vita ad una più ampia 'Etica della reciprocità'. Il valore della reciprocità è insito in noi da ben prima che diventassimo umani. Il primatologo Frans de Waal assieme a numerosi colleghi ne hanno documentato la presenza, infatti, anche tra gli scimpanzé, i macachi e le scimmie cappuccine. Se la mattina la scimmia A ha spulciato la scimmia B, per esempio, la sera avrà maggiore probabilità di ricevere del cibo da B rispetto a tutte le altre scimmie del gruppo. In un esperimento di laboratorio, alla scimmia A viene dato un contenitore chiuso con 6 grosse noci. Il contenitore si può aprire solo con l’ausilio di una roccia affilata. La roccia affilata viene data alla scimmia B che è separata da A da uno schermo di plexiglass trasparente con un’apertura grande a sufficienza da far passare la roccia ma non il contenitore. Per ottenere il cibo le due scimmie devono cooperare e, infatti, B passa la roccia ad A che così riesce ad aprire il contenitore. Le sei noci sono tutte a sua disposizione ora. Cosa ne farà? Il video dell’esperimento mostra A che inizia a mangiare le noci, non senza apprensione da parte di B. Ma dopo aver mangiato tre delle sei noci a disposizione inizia a passare le rimanenti a B. Nelle condizioni di partenza nessuno sarebbe riuscito a mangiare neanche una noce, eppure, grazie alla cooperazione il cibo diventa disponibile e grazie alla reciprocità questo viene diviso equamente. Un risultato vantaggioso per tutti.

Il principio di reciprocità si è evoluto ed è arrivato fino a noi, ci spiegano gli antropologi, perché promuove l’equità e la stabilità dei gruppi, creando, così, le condizioni per ottenere dei risultati che individualmente sarebbero fuori dalla nostra portata. È un 'istinto' profondo che influenza in maniera potente le nostre motivazioni e le nostre azioni. Nonostante questo, per ragioni complesse che non è possibile affrontare qui, le nostre istituzioni e i nostri schemi di relazione sono stati progettati proprio per rendere superfluo il ricorso al principio di reciprocità. Un contratto, per esempio, serve proprio a non dover far conto sulla reciprocità dell’altra parte. Una istituzione gerarchica, fondata sul potere verticale, è pensata per eliminare la dipendenza dalla disponibilità degli altri membri a reciprocare. La tutela dei beni comuni, essendo fondata su una 'governance' naturalmente comunitaria, si gioverebbe molto di assetti sociali e istituzioni formali capaci di valorizzare il principio di reciprocità, di promuovere cooperazione attivando la nostra naturale socialità. Comprende e accogliere questa prospettiva traducendola in azioni e strutture concrete è, oggi, sempre più urgente perché, come ci ricorda il premio Nobel Elinor Ostrom «Spiazzare la cooperazione e il senso civico rappresenta uno spreco di risorse umane e materiali e pone una seria sfida alla persistenza delle istituzioni democratiche». Nei prossimi appuntamenti con 'La cura delle radici' andremo a fondo sulla logica della reciprocità e su come questa può mostrarsi una preziosa alleata nella salvaguardia delle nostre risorse comuni.

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