mercoledì 1 dicembre 2021
L’esperimento di Gary Bolton, Elena Katok e Axel Ockenfels spiega perché la diffusione pubblica delle informazioni sull’affidabilità non risolve il problema della cooperazione
I limiti della reputazione e il gioco della fiducia
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La "tragedia dei beni comuni" ci insegna che quei beni di cui tutti abbiamo bisogno, ma di cui nessuno vuol prendersi cura, sono per loro natura fragili, soggetti a uno sfruttamento eccessivo e, infine, alla distruzione. Esistono, per fortuna, esempi meno estremi di gestione collettiva dei beni comuni, ma questi esempi non sono altro che eccezioni che confermano la regola: i beni comuni sono fragili. Si spiega così l’urgenza, sempre crescente, di comprendere quali sono gli elementi che favoriscono o mettono in pericolo la sopravvivenza di beni come l’aria e l’acqua, il senso civico e la fiducia reciproca, i mari e il paesaggio nel quale siamo inseriti, solo per citarne alcuni.

Abbiamo visto in precedenti occasioni come le soluzioni tradizionali, cioè la statalizzazione e la privatizzazione spesso non funzionano, o anche quando funzionano generalmente derivano da dolorosi processi di espropriazione delle comunità, verso lo Stato, in un caso e verso il privato, nell’altro. Abbiamo anche visto che una terza via rispetto a questi due poli e quella della cosiddetta "community governance", nella quale per via della stabilità dei rapporti di un certo gruppo di persone, della loro ripetizione nel tempo e della pubblicità e osservabilità dei comportamenti di tutti i membri del gruppo, è possibile che la spinta dell’interesse individuale di breve periodo che mette a rischio la sopravvivenza del bene, sia controbilanciata da un interesse illuminato di lungo periodo che, sfruttando la logica reputazionale, favorisce il corretto utilizzo della risorsa comune e la sua protezione. Anche questo modello non è esente da difficoltà, che si rendono via via più evidenti al crescere delle dimensioni della comunità e della mobilità dei suoi membri. La coesione e la pubblicità dei comportamenti sono massimamente efficaci, infatti, nel caso limite in cui il gruppo è formato da non più di due individui. Con il crescere del numero dei membri aumentano i problemi e le difficoltà. In questo caso, infatti, può diventare difficile per un terzo non coinvolto in una relazione diadica, capire, per esempio, se oggi Tizio non collabora con Caio per punirlo della sua mancata cooperazione di ieri, secondo la logica dei mercati reputazionali, o se, invece, Tizio sta semplicemente tradendo la fiducia di Caio, proprio per una scelta opportunistica.

In un interessante esperimento gli economisti Gary Bolton, Elena Katok e Axel Ockenfels hanno provato a mettere alla prova questa idea utilizzando un protocollo chiamato '"rust game", il gioco della fiducia. In questo caso il primo giocatore deve decidere se inviare 35 euro al secondo giocatore. Se sceglie di non inviare otterrà alla fine dell’esperimento i 35 euro se, al contrario, sceglie di inviare, allora la palla passerà al secondo giocatore che potrà mandare indietro 50 euro e vincerne 50 anche per sé oppure tenersi 70 euro e non mandare indietro nulla. In questo ultimo caso il primo giocatore perderebbe anche i 35 euro inizialmente inviati. Questo gioco simula una relazione fiduciaria perché c’è la possibilità di un esito cooperativo, ma anche la tentazione dell’opportunismo e il rischio del tradimento. Immaginiamo di ripetere questo gioco ogni volta con soggetti differenti. La teoria in questo caso prevede che siccome il secondo giocatore preferirà con certezza 70 euro a 50 euro, allora per evitare il costo del tradimento il primo giocatore preferirà tenersi i suoi 35 euro e non inviare niente. Per mancanza di fiducia reciproca i due si accontentano di 35 euro invece dei 50 che avrebbero potuto ottenere se solo si fossero fidati. La seconda previsione della teoria dice, al contrario, che se si crea un meccanismo reputazionale grazie al quale il primo giocatore sa come il secondo si è comportato in passato, il primo avrà elementi per decidere correttamente e il secondo avrà un incentivo a formarsi una buona reputazione e quindi a cooperare. I tre economisti coinvolgono nel loro esperimento 144 soggetti a cui fanno giocare, in condizioni di anonimato, questo gioco mettendo in palio soldi reali. Quello che osservano smentisce entrambi le previsioni della teoria. Infatti, anche nel caso in cui non ci sarebbero dovuti essere nessun invio e nessuna restituzione, circa un terzo dei partecipanti si fida e altrettanti si dimostrano affidabili. Non sempre questi soggetti si incontrano, però, per cui l’efficienza di questo mercato rimane comunque piuttosto bassa. La situazione migliora quando si inserisce il meccanismo reputazionale. Cresce la fiducia, l’affidabilità e l’efficienza complessiva che passa dal 10% del primo caso a, circa, il 40%. Il meccanismo reputazionale funziona ma non risolve.

Ci sono ancora moltissimi scambi potenzialmente vantaggiosi che non si verificano. L’esperimento prevedeva un terzo scenario nel quale oltre al meccanismo reputazionale, le coppie di soggetti venivano tenute fisse per tutte le ripetizioni del gioco. Da un punto di vista puramente informativo i due ultimi trattamenti sono identici. Nel secondo le informazioni sono veicolate dal meccanismo reputazionale, nel terzo invece sono sperimentate di prima mano, ma il contenuto è esattamente lo stesso: cosa ha fatto il mio partner nel gioco precedente. Eppure, i risultati cambiano. Quando le coppie sono tenute fisse l’efficienza del mercato cresce fino al 74%. Quello che sperimento con te vale molto più di quello che mi dicono di te. Ecco perché la diffusione pubblica delle informazioni circa l’affidabilità dei soggetti aiuta ma non risolve il problema della cooperazione e quindi anche della gestione collettiva dei beni comuni. Occorre qualcos’altro. Ne parleremo nel prossimo appuntamento.


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