mercoledì 15 dicembre 2021
Francesca di Carrobio, alla guida della filiale italiana: diamo nuova vita ai materiali di scarto e formiamo i giovani artigiani con corsi di manualità nelle scuole
Hermès da 180 anni lotta contro lo spreco
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Nel quartier generale francese lo chiamano ancrage, ancoraggio, o 'radicamento' al territorio: un termine ricorrente nel linguaggio di Hermès, che illustra con chiarezza come la Maison, icona della moda da sei generazioni, interpreti oggi il ruolo di un’impresa socialmente responsabile. «Da sempre siamo attenti a creare valore nei territori in cui operiamo, diventando volano di sviluppo non solo economico, ma anche umano e sociale» chiarisce subito Francesca di Carrobio, alla guida della filiale italiana di un brand che in tutto il mondo è sinonimo di lusso e stile, spaziando dalla pelletteria all’arredamento, dai profumi ai gioielli. D’altra parte basta guardare il percorso fatto in Francia, per capire la filosofia d’azione che sta guidando il gruppo: nei poli produttivi del dipartimento Seine Saint-Denise, la Maison ha rivitalizzato un’area caratterizzata da elevati livelli di disoccupazione, spostando nel 1992 i laboratori di pelletteria dal centro di Parigi, inaugurando la Cité des métiers (un polo di formazione), aprendo una palestra, un asilo nido e un edificio dedicato alla visita delle collezioni da parte di acquirenti provenienti da tutto il mondo. Lo stesso è avvenuto in tempi recenti a Montbron, una cittadina destinata all’oblio: dal 2015 l’insediamento del laboratorio di pelletteria Hermès ha cambiato la vita dei 2.200 abitanti di questo comune della Charente. E il discorso vale, ovviamente, anche al di fuori della Francia.

In Inghilterra, per esempio, in un’area svantaggiata della West London, Hermès ha promosso, tramite la sua Fondazione, un progetto sociale per trasformare i giovani in apprendisti artigiani, insegnando loro a recuperare le materie prime abbandonate dal quartiere (come legno e lamiere) per realizzare mobili di design. La bellezza che salva il mondo, potremmo commentare scomodando Dostoevskij. Più pragmaticamente l’attenzione di un’impresa a produrre un impatto positivo su ciò che la circonda. «Nonostante la forte crescita e la recente quotazione in Borsa, abbiamo mantenuto l’attitudine, tipica delle imprese famigliari, a prenderci cura delle persone e del contesto in cui operiamo – conferma di Carrobio –. Proprio per valorizzare il territorio di appartenenza, l’80% della nostra produzione è fatta in Francia, il resto lo realizziamo nei Paesi in cui esiste un’eccellenza produttiva. In Italia, per esempio, abbiamo un sito a Busto Garolfo per la produzione di scarpe, ma anche tanti fornitori in Veneto, Marche e Lombardia per la produzione di mobili, abbigliamento, accessori. Siamo molto attenti al rapporto con loro e alla filiera: tutti devono firmare un accordo di condivisione delle linee etiche di condotta che ci siamo dati». Che, ancora una volta, parlano di valorizzazione della manodopera locale e attenzione all’ambiente e agli sprechi. Un mantra che vale per tutti, da chi produce a chi vende. «Per il rifacimento della boutique di via Montenapoleone a Milano, dove lavorano 60 persone, abbiamo lavorato solo con fornitori italiani, riciclato tutto il materiale di scarto, scelto pitture non inquinanti – racconta di Carrobio –. Con questa filosofia gestiamo anche le vetrine delle nostre 11 boutique in giro per l’Italia: dovendole cambiare ogni due mesi, facciamo in modo che ogni elemento che le compone sia pensato fin dall’inizio in funzione del suo smaltimento o riutilizzo. In ogni negozio, per esempio, abbiamo un responsabile che individua case famiglia, scuole o laboratori teatrali, che sul territorio possano essere interessati a ricevere e utilizzare gli elementi delle nostre vetrine». Sempre seguendo questa filosofia del riutilizzo, è nata nel gruppo una vera e propria divisione, che addirittura trasforma gli scarti in una collezione ad hoc. «Dieci anni fa Pascale Mussard, nipote dell’allora presidente di Hermès, decise di creare il marchio Petit H, per dare nuova vita agli scarti di produzione dei laboratori artigianali del gruppo – racconta di Carrobio –. Oggi il brand è un vero e proprio laboratorio creativo: raccoglie materiali inutilizzati e grazie alla collaborazione di artigiani e artisti realizza straordinari pezzi unici: oggetti di uso comune, dall’altalena al portachiavi, che hanno anche un forte valore simbolico».

D’altra parte, l’attenzione a non sprecare nulla affonda le radici nel sogno del fondatore della Maison, Thierry Hermès, che nel 1837 iniziò la produzione di finimenti da cavallo e per tutta la vita inseguì un solo obiettivo: realizzare selle di qualità, destinate a durare nel tempo, come tutti gli oggetti Hermès. A monte di questa 'ossessione' per la lunga vita dei prodotti, antenata della moderna economia circolare, c’è ovviamente un’attività artigianale di altissimo livello. Da qui anche l’attenzione a formare generazioni di artigiani capaci, con la loro manualità, di fare e di riparare. «All’inizio del 20esimo secolo, una crisi delle vocazioni e dell’apprendistato ha messo a rischio il futuro dei mestieri manuali – ricorda di Carrobio –. Così in Francia venne lanciata l’idea di un concorso dedicato ai savoirfaire: dal 1925, in ciascuna delle sue edizioni, figurano degli artigiani del gruppo Hermès. E per incentivare anche le nuove generazioni a valutare la bellezza del lavoro artigianale, cinque anni fa abbiamo lanciato un’iniziativa, chiamata Manufacto, per entrare nelle scuole con laboratori di manualità». Oggi il progetto coinvolge in Francia 80 scuole elementari e medie e prevede cicli di 12 lezioni tenute da artigiani Hermès e finalizzate alla costruzione di un oggetto. Lo scorso anno il progetto è arrivato anche in Italia. «Grazie alla collaborazione con la cooperativa Mercurio abbiamo proposto alla scuola elementare Trilussa, in zona Quarto Oggiaro a Milano, delle giornate in cui insegnare ai ragazzi come si costruisce un oggetto d’uso comune – spiega di Carrobio –. Un modo per far scoprire ai più giovani che esiste un’alternativa 'manuale' allo studio e per far sperimentare loro la bellezza di creare con le mani». Un esperimento riuscito, tanto che adesso l’obiettivo è coinvolgere nell’iniziativa un paio di nuove scuole ogni anno, su tutto il territorio nazionale, partendo da Roma. Ancora una volta per creare valore condiviso, come si addice a un’impresa responsabile.

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