mercoledì 10 aprile 2024
Tra i banchi del Politecnico di Milano è nata Voidless, un’impresa che produce imballaggi appositi per ogni tipo di spedizione, consentendo di ridurre le emissioni di C02
Da sinistra, Carlo Villani, Daniel Kaidanovic, Guglielmo Riva e Mattia Bertolani, ideatori di Voidless

Da sinistra, Carlo Villani, Daniel Kaidanovic, Guglielmo Riva e Mattia Bertolani, ideatori di Voidless

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Nel 2023 gli acquisti online in Italia sono aumentati del 13% rispetto all’anno precedente. Sebbene secondo una nuova ricerca di Netcomm e B2c Logistics Center del Politecnico di Milano, in termini di emissioni di CO2 l’e-commerce impatti mediamente il 75% in meno rispetto all’acquisto in negozio, la crescita delle spedizioni ha un costo ambientale. A calcolarlo ci ha provato Greenpeace Italia con la trasmissione televisiva Report. Nel settore del fast fashion, per esempio, l’impatto medio del trasporto di ogni ordine e reso corrisponde a 2,78 kg di CO2 equivalente. Emissioni su cui il packaging incide per circa il 16%. Gran parte di questo inquinamento potrebbe essere risparmiato riducendo il cartone e i materiali di riempimento, che aumentano i volumi dei pacchi e dunque i viaggi necessari per le consegne, nonché i rifiuti da smaltire.

Una soluzione possibile all’eccesso di imballaggi è arrivata da una startup ideata tra i banchi del Politecnico di Milano, Voidless. Fondata da Carlo Villani, Mattia Bertolani, Guglielmo Riva e Daniel Kaidanovic, quattro ingegneri venticinquenni con diverse specializzazioni, Voidless risponde al problema dell’overpackaging con macchinari che permettono di creare, direttamente nei magazzini, scatole e imballaggi su misura per ogni tipo di spedizione. «Abbiamo capito subito il potenziale della nostra idea sia per l’ambiente che in termini di mercato da conquistare – spiega Villani, ceo della startup –. Se per esempio risparmiassimo anche solo 50 centesimi di euro per ciascun pacco, i margini di crescita sarebbero alti». La loro visione ha trovato subito conferma anche nella reazione degli investitori. La startup ha appena chiuso un giro iniziale di finanziamenti (tecnicamente seed) di 2,2 milioni di euro guidato da CDP Venture Capital e la società italo-francese 360 Capital.

«Gli operatori di mercato, spinti dalla pressione dei clienti, devono trovare soluzioni di immediato impatto e sufficientemente adattabili ad aziende di differenti dimensioni e tassi di crescita – commenta Enrico Filì, partner del comparto IndustryTech di CDP Venture Capital –. La soluzione di Voidless e il suo business model vanno in questa direzione». Con questi nuovi investimenti, che si sommano ai 600mila euro del preseed ricevuti nel 2022, la startup può espandersi, consolidare la presenza sul mercato, «mostrare l’impatto ambientale e i guadagni agli investitori », aggiunge il suo ceo. I settori in cui le “box on demand” possono avere successo sono diversi. Due esempi sono «i ricambi per auto che necessitano di scatole su misura e i macchinari da stipare in aerei», spiega. In generale, la loro invenzione può essere vantaggiosa per qualsiasi tipo di azienda: «Non prende troppo spazio in magazzino, realizza scatole sia schiacciate che erette, su misura e con la stampa personalizzata di messaggi o loghi».

Il gruppo di giovani ingegneri ha progettato l’hardware e il software che ottimizza il processo, risparmiando materiali di imballaggio e di riempimento. «All’inizio era solo un progetto teorico per l’esame da 5 crediti del corso High Tech startups – racconta il ceo –. Nel 2021 però abbiamo vinto il premio da 30mila euro della competizione Switch2Product, un programma incubatore di startup di PoliHub». Da quel momento, ancora studenti, Villani e gli altri del team hanno potuto sviluppare la loro idea supportati dal programma di accelerazione dell’università, con lezioni su fundraising e pitch, ma anche incontri con possibili investitori. Quattro ingegneri e un sogno. L’incipit somiglia a tante storie simili, ma con le sue eccezioni: «Altro che garage, quando abbiamo sviluppato il prototipo eravamo in un ufficio da 15 metri quadri, freddo d’inverno e bollente d’estate. Se aprivamo le finestre non potevamo fare le call perché il suono dei treni sovrastava tutto. Poi siamo passati a un capannone da 300 metri quadri. Ora ne abbiamo affittati mille. Contando i dipendenti, da 4 siamo diventati 14». Una scalata rapida, dunque, che fa sperare a Villani di vedere crescere ancora la propria startup, portare benefici reali all’ambiente, «fare qualcosa di grande».

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