domenica 13 maggio 2018
Occupazione femminile ferma al 49%, mancano servizi e conciliazione
La sfida maternità e lavoro: equilibrio non alternativa
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Mamme equilibriste. Alle prese con l’impresa quotidiana di tenere insieme la famiglia e la carriera. Ma anche la casa e i genitori anziani. Oggi è la loro festa e a parlare sono i numeri. Le italiane diventano madri sempre più tardi (a 30,8 anni, quasi due in più rispetto alla media europea), hanno sempre meno figli (1,3 in media, erano 2,4 nel 1970) ma nonostante questo fanno fatica a trovare e soprattutto a tenersi un impiego. Il 37% delle mamme tra i 25 e i 49 anni risulta inattivo, nel primo anno di vita del figlio il 14% abbandona il lavoro. L’occupazione femminile resta una delle grandi incompiute del nostro Paese che non riesce a togliersi la maglia nera in Europa. Siamo fermi al 49%, penultimi dopo la Grecia, nonostante qualche progresso si sia visto negli ultimi anni. La media europea è del 61%. Da noi il divario di genere è enorme. Sia per l’accesso al mercato del lavoro: la differenza tra il tasso di occupazione maschile e quello femminile è di 18 punti percentuali (la media europea del 10%). Sia quando si parla di stipendi perché ha raggiunto ormai il 20%. Al crescere della qualifica professionale aumenta la retribuzione, ma aumenta anche il gap retributivo. Senza considerare che un terzo delle occupate ha un lavoro part-time che per più della metà dei casi (il 59%) è 'involontario', vale a dire imposto.

Un recente rapporto dell’Eurostat ha confermato, se ce ne fosse stato bisogno, la situazione disastrosa del Sud Italia rispetto all’Europa. Le ultime quattro regioni per tasso di occupazione femminile sono la Sicilia (con il 29,2% di donne che lavora), Campania, Calabria e Puglia. Ma il dato che deve far riflettere è l’enorme difficoltà delle giovani (tra i 25 e 34 anni, vale a dire quelle che dovrebbero diventare mamme): in Europa lavora il 70,5% di loro, in Italia solo il 52,7%. L’analisi di «Save the Children» prova a tracciare una mappa dei territori meno ostici per le mamme. Anche in questo caso il Sud è in fondo alla classifica (con le stesse quattro regioni di prima) mentre sono il Trentino, seguito da Valle d’Aosta, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia e Piemonte le zone dove i servizi sono migliori. Il nodo principale resta la scarsa o inesistente rete per la prima infanzia, le discriminazioni radicate nel mondo del lavoro e un forte squilibrio nei carichi familiari tra madri e padri. In Italia solo il 12,6% dei bambini frequenta un asilo nido e il 45% dei Comuni non offre alcun servizio pubblico. Le mamme così hanno come unica alternativa quella di rivolgersi ai nonni o alle baby-sitter per potersi 'permettere' di lavorare.

Save the Children chiede un’«assunzione di responsabilità pubblica» su un tema così importante. «È inammissibile che in un Paese come il nostro dove il numero di nuovi nati è in costante diminuzione, si riservi così poca attenzione, al di là della retorica, alla maternità» sottolinea Raffaella Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa. Per i più piccoli (vale a dire i bambini al di sotto dei cinque anni) si spende solo lo 0,5% del Pil a fronte di una media nazionale dello 0,8%. Dalle Acli arriva un appello a riportare al centro la questione del lavoro. A partire dal rispetto della festa. «Nel resto del mondo la mamma si festeggia in data fissa, l’8 maggio. In Italia la seconda domenica di maggio per sottolineare il tema della domenica come giorno di riposo delle mamme lavoratrici». sottolinea Agnese Ranghelli, coordinatrice nazionale delle Donne delle Acli. «La maternità non può essere nel 2018 una scelta alternativa al lavoro». Ecco perché serve una strategia globale per favorire l’ingresso nel mercato del lavoro delle giovani, la conciliazione e la regolamentazione del lavoro festivo.

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