giovedì 3 maggio 2018
Nei primi tre mesi del 2018 il Pil fa solo umo 0,3%. A marzo 62mila occupati in più e inattivi al minimo storico
La crescita rallenta con la Ue. Il lavoro invece è in recupero
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Passati quattro anni dall’ultimo calo del Prodotto interno lordo italiano, forse è il momento di smettere di parlare di “ripresa” e tornare a ragionare in termini di “espansione” dell’economia. Il consiglio che ha offerto Benoît Coeuré, membro francese del direttivo della Banca centrale europea, dopo i primi dati che hanno mostrato un rallentamento della crescita economica nella zona euro, vale anche per l’Italia. «La ripresa non sta finendo e per una ragione: non è una ripresa ma un’espansione, quindi siamo già oltre la ripresa» dice Coeuré, incoraggiando così una visione positiva della frenata in corso in tutt’Europa. La stima sul Pil dei primi tre mesi dell’anno pubblicata ieri dall’Istat conferma che anche in Italia l’economia continua a crescere ma a un ritmo inferiore a quello del 2017: il trimestre si chiude con un Pil dello 0,3% superiore a quello dei tre mesi precedenti e con un aumento dell’1,4% nel confronto con un anno fa. La crescita che tra il 2016 e il 2017 aveva accelerato fino a toccare il +0,5% trimestrale (a inizio anno) e il +1,8% annuo (nel terzo trimestre) ha perso slancio alla fine dell’anno passato e ha continuato a frenare. Adesso c’è da capire fino a che punto ci porterà questo rallentamento.

La frenata non è un dramma, l’Italia però resta in una situazione più problematica del resto della zona euro. Nell’ultimo decennio il nostro Pil è caduto più rapidamente nei momenti bui ed è risalito più lentamente nelle fasi positive. Sta succedendo ancora. Ieri Eurostat ha pubblicato la stima per l’intera zona euro, dove il Pil è cresciuto dello 0,4% trimestrale e del 2,5%annuo (in entrambi i casi sono dati migliori di quelli italiani). L’Italia è tra le poche economie della zona euro a non avere ancora recuperato la caduta del Pil per la crisi del 2008 (le altre sono Portogallo, Grecia e Cipro). Siamo ancora sotto del 5,4%. Quindici trimestri di crescita non sono bastati all’Italia nemmeno a riprendere i livelli di metà 2011, prima dell’inizio della seconda fase della recessione. In questo caso il traguardo è a un passo, siamo sotto dello 0,9%. Non si può dire che la partenza dell’anno dell’Italia sia stata più fiacca del previsto. Però qualcuno inizia già a limare verso il basso le previsioni di crescita dell’intero 2018. Paolo Pizzoli, economista di Ing Direct, ha tagliato la stima dall’1,4 all’1,3%, citando il calo della fiducia delle imprese e lo stallo politico. Sono previsioni che si allontanano da quelle del governo e della Commissione europea, che hanno indicato un aumento del Pil italiano dell’1,5% per quest’anno.

Molti analisti sono invece ottimisti. Ad esempio Paolo Ciocca e Simona Costagli di Bnp Paribas parlano di una «ripresa più auto-sostenuta». Stefania Tomasini di Prometeia parla di un dato che «conferma un leggero assestamento/ rallentamento rispetto ai ritmi di crescita dello scorso anno ma che non sembra avvalorare i timori della vigilia di una brusca frenata dell’attività economica». I dati sul lavoro pubblicati ieri sempre dall’Istat tendono a rafforzare questa lettura positiva della situazione economica italiana. A marzo sono aumentati gli occupati (62mila in più in un mese, +0,3%) con un aumento molto forte tra i più giovani, con 68mila nuovi occupati con un’età compresa tra i 15 e i 34 anni. Il tasso di disoccupazione è rimasto stabile all’11%. Prosegue la diminuzione di quello di inattività: la percentuale di persone che non hanno né cercano occupazione è sceso al 34,3%, tre decimi di punto in meno rispetto a un anno fa. È il nuovo minimo storico.

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