mercoledì 14 giugno 2023
A livello nazionale la quota di popolazione a rischio di povertà rimane uguale all’anno precedente (20,1%). Però, la rilevazione è precedente all'impennata dell'inflazione
Una persona su 4 a rischio povertà o esclusione sociale nel 2022

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Nel 2022 poco meno di un quarto della popolazione italiana (24,4%) è a rischio povertà o esclusione sociale, quasi come nel 2021 (25,2%). Grazie alla ripresa dell'economia dopo la pandemia e l'incremento di occupazione e redditi, si riduce però significativamente la popolazione in condizione di grave deprivazione materiale e sociale (4,5% rispetto al 5,9% del 2021) e rimane stabile la popolazione a rischio di povertà (20,1%).

Lo ha rilevato l'Istat nel report su reddito e condizioni di vita 2021-2022. Va precisato che la rilevazione Istat è precedente ai mesi nei quali è cresciuta l'inflazione, di conseguenza la condizione di chi è in difficoltà nella realtà è peggiorata rispetto a quello che emerge dai dati dall'anno scorso e del 2021.

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Il Sud più povero. Nel 2022 la riduzione della popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale interessa tutte le ripartizioni ad eccezione del Mezzogiorno, che rimane l'area del Paese con la percentuale più alta di individui a rischio (40,6%, come nel 2021). Al Sud l'indicatore composito rivela un aumento della quota di individui a rischio di povertà (33,7% rispetto al 33,1% del 2021) "e il segnale positivo della riduzione della quota di individui che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro (17,1% rispetto al 19,5% del 2021)".

A livello regionale si osserva un deciso miglioramento per la Campania e la Sicilia, con la riduzione del rischio di povertà o esclusione sociale, trainato da una sensibile riduzione di tutti e tre gli indicatori (rischio di povertà, grave deprivazione e bassa intensità di lavoro). Tuttavia, il rischio di povertà o esclusione sociale aumenta in Puglia, Sardegna e Calabria; in queste ultime due regioni peggiorano i tre indicatori e soprattutto aumentano la bassa intensità di lavoro e la grave deprivazione.


IL REPORT DELL'ISTAT

Istat



Nel corso del 2021 il reddito di cittadinanza (RdC) ha consolidato il suo ruolo come misura strutturale di contrasto della povertà: se nel 2019 le famiglie beneficiarie del RdC erano state 970mila, pari al 3,8% del totale delle famiglie italiane, e nel 2020 tale quota era salita al 5,3%, nel 2021 si stima siano state circa 1,5 milioni le famiglie percettrici di RdC, il 5,9% del totale, con un beneficio annuo pari in media a 5.522 euro. Tale quota sale al 14,4% per le famiglie del quinto più povero e all'8,7% per quelle del secondo quinto.

L'impatto del trasferimento è stato in media di circa il 30% del reddito familiare complessivo (e fino al 42,4% per il quinto delle famiglie più povere).
L'11,2% delle famiglie residenti nel Mezzogiorno ha ricevuto almeno una mensilità del RdC, quota di gran lunga superiore a quella registrata nel Nord-est (1,5%), nel Nord-ovest (3,9%) e nel Centro (4,3%). Le famiglie con 5 o più componenti hanno usufruito del RdC in misura maggiore rispetto alle famiglie meno numerose: circa il 10% delle prime, rispetto a una quota compresa tra il 5% e il 7% per le famiglie di dimensione inferiore. Circa l'11% delle famiglie con almeno un componente straniero ha percepito il RdC, più del doppio della quota relativa alle famiglie formate da soli cittadini italiani.

Va ricordato che le misure emergenziali di sostegno al reddito introdotte durante il periodo di pandemia e il reddito di cittadinanza sono certamente servite a contrastare la povertà, ridurre le disuguaglianze e sostenere i redditi, ma già dal primo settembre 2023 alcune famiglie non percepiranno il contributo economico RdC. Inoltre, La legge 197/2022 ha previsto nel 2024 l'abolizione sul reddito di cittadinanza per tutti i beneficiari. Stessa sorte per le misure emergenziali legate al Covid-19 di cui si nota la progressiva riduzione già sui dati del 2022 . Nel 2021 il reddito totale delle famiglie più abbienti è 5,6 volte quello delle famiglie più povere (rapporto sostanzialmente stabile rispetto al 2020). Tale valore sarebbe stato più alto (6,4) in assenza di interventi di sostegno alle famiglie.

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