martedì 21 novembre 2017
Il presidente di Farmindustria: la nostra vittoria è essere riusciti a fare sistema. «Sarebbe stato più giusto proseguire il confronto che affidarsi alla sorte»
Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria

Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria

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Anche diciassette anni fa ce la giocammo alla roulette – olandesi sconfitti dal cucchiaio di Totti e ancor più dalle prodezze di Toldo –, ma una cosa è la pelota e un’altra sono un miliardo e settecentomila euro che ti sfumano sotto il naso per colpa di un sorteggio malandrino. Il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi, che ha passato le settimane a incoraggiare il Sistema Italia, non perde l’ottimismo neanche dopo la débacle, pur non trattenendo il disappunto verso l’Europa: «Se hai la responsabilità di scegliere, devi farlo e non delegare a una monetina». Stop. E l’intervista potrebbe persino terminare qui.

Come commenta la decisione sull’Ema?

Perdere un’agenzia così importante per sorteggio la dice lunga sugli esiti che escono da questa Unione europea.

Se fossimo stati sconfitti durante una votazione, sarebbe andata diversamente?

Certo. A tal punto che io dico: abbiamo vinto. Non fraintendetemi, prendo atto della realtà, ma ricordo anche un fatto: avevamo un sogno e siamo riusciti a costruirlo pezzo per pezzo. Solo una monetina, e solo alla fine, l’ha infranto. Ciò non toglie che il Sistema Italia sia riuscito a realizzare su questo progetto ciò che spesso le manca: noi, che siamo sempre tanto critici verso noi stessi, in tal caso siamo riusciti a fare sistema. Ho vissuto dall’interno quest’avventura e oggi provo orgoglio: avevamo tutti un obiettivo comune e ci abbiamo lavorato senza sbavature, dalle associazioni di categoria alle istituzioni, dividendoci i compiti e mostrando determinazione. Per questo sono stato sempre ottimista, e l’ho detto; per questo voglio ringraziare tutti, da Moavero Milanesi a Lorenzin, da Gentiloni a tutto il governo e il Parlamento italiano, dal Comune alla Regione, tutti coloro che hanno portato l’Italia al voto finale. Meritandoci il risultato di quel voto: perché se guardiamo ai voti raccolti nelle diverse votazioni, non abbiamo perso.

Insomma, l’Italia del farmaco non è in crisi come l’Italia del calcio?

Nessun paragone. L’esclusione dai mondiali è un dolore per tutti, anche perché rappresenta un pezzetto di Pil, ma qui sfuma la possibilità di gestire la salute dei cittadini europei: direi che la sconfitta, ancorché meno 'popolare', brucia di più al Sistema Paese. E comunque, la Nazionale ha perso sul campo, a noi non è stato concesso.

Non Le va giù ’sto sorteggio...

Vede, chi ha la responsabilità delle scelte deve avere coraggio di farle: avrei discusso altre tre ore, piuttosto che tirare una monetina; doveva uscire una scelta della maggioranza, poiché parliamo di un’istituzione importante, che tutela la salute...

Cosa resterà di questa sfida?

Il grande cuore italiano, che è anche una metodologia di lavoro.

E cosa non resterà?

Novecento professionisti, tanti investimenti, un indotto da 1,7 miliardi all’anno per un Paese che ne aveva bisogno e che si era presentato pronto alla sfida. Infatti, durante le votazioni, non siamo arrivati secondi.

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