domenica 20 settembre 2009
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È una delle attività umane più significative che, se considerata nelle sue caratteristiche fondamentali, riesce a riprodurre su un piano simbolico la realtà della vita, fatta di impegno e sacrificio, di lotta e speranza, soddisfazione e felicità. All’ambito dello sport è dedicato il decimo capitolo del Rapporto-proposta del Comitato del Progetto culturale della Cei, che riconosce all’attività sportiva un ruolo niente affatto secondario sul piano dell’impegno educativo. Un ruolo che consiste in sostanza «nell’educare al valore della vita attraverso una competizione virtuosa» e sul quale bisogna tornare ad investire nell’attuale clima di emergenza educativa. Anche perché, riconosce il Rapporto, «milioni di ragazzi italiani sono cresciuti e sono diventati adulti e bravi cittadini proprio praticando lo sport».Lo conferma Edio Costantini, direttore del Centro studi del Centro sportivo italiano e presidente della Fondazione “Giovanni Paolo II per lo sport”. «Lo sport è un bene educativo di straordinaria importanza – commenta – che esercita una forza attrattiva sui giovani e i ragazzi, continuando ad essere una di quelle esperienze umane capaci di incidere in modo significativo sulla costruzione della persona». Ma come riconosce il testo dedicato alla “sfida educativa”, lo sport, come un po’ tutta la società, si interroga oggi «su quali debbano essere i suoi principi guida, che tipo di persona formare e quali valori proporre per favorire la crescita della persona». «Se prendiamo spunto dallo sport professionistico – afferma Costantini – fatta salva la testimonianza di qualche singolo campione, dobbiamo purtroppo registrare la grande diffusione di logiche negative, come quella del denaro, del successo a tutti i costi, di un’esasperata competitività. Se vogliamo ridare allo sport tutta la sua valenza educativa bisogna ripartire da due ambienti insostituibili: la parrocchia e la scuola».Sta qui, in effetti, uno dei passaggi fondamentali del capitolo del Rapporto-proposta: investire su una nuova generazione di luoghi educativi. «Come dimenticare – sostiene ancora Costantini – il ruolo svolto in passato dall’oratorio parrocchiale, in cui si sono formati tanti degli attuali campioni dello sport in Italia? Alla parrocchia e alle sue strutture sportive lo sport italiano resta molto debitore. Ora si tratta di reinvestire sulla parrocchia, dove purtroppo lo sport viene oggi percepito come un intervallo tra cose più importanti da fare».È ora pertanto che le comunità cristiane riscoprano la grande funzione dello sport, come riconosce il volume del Comitato per il Progetto culturale, perché esso diventi «principio generatore di relazioni, di stile di vita, di comportamento, dialogo, partecipazione, cittadinanza attiva». «La parrocchia – dichiara Costantini – può fare moltissimo in tal senso, ma smettendo di guardare indietro e proponendo un’animazione sportiva di qualità, che significa puntare sulla formazione di educatori all’altezza e nuove strutture». Un compito che sta davanti anche all’istituzione scuola, che sul ruolo dello sport «sconta un deficit che è culturale prima che di strutture, avendo relegato l’attività fisica ai margini e rischiando di fondarsi solo sui saperi». Insomma, conclude Costantini, «inutile esaltare a parole l’attività fisico-motoria se poi viene scarsamente praticata, soprattutto nella scuola dell’infanzia». Per uscire dal suo ritardo, alla scuola non resta che aprirsi al territorio e stringere con associazionismo sportivo, famiglia e parrocchia quella “alleanza vincente” in grado di salvare lo sport anche dalle “distorsioni mercantili” della “pratica da palestra”.
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