martedì 28 maggio 2019
Il ricordo nei 75 anni dalla Liberazione di Roma, 4 giugno 1944. Il comandante delle SS Herber Kappler tentò inutilmente di catturarlo o ucciderlo. Ma lui dopo la guerra andava a trovarlo in carcere
Hugh O'Flaherty

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75 anni fa, il 4 giugno del 1944, Roma veniva liberata dall'occupazione nazifascista. In questa occasione è giusto ricordare anche una figura poco nota, ma che molto fece per salvare vite umane. Hugh O'Flaherty era un sacerdote irlandese che tra l’8 settembre 1943 e la liberazione giugno 1944, insieme ai suoi collaboratori, anche a rischio della vita, riuscì a salvare migliaia di prigionieri di guerra, ebrei e antifascisti. Procurando loro documenti falsi e ripari in conventi, monasteri e appartamenti nella capitale e nella campagna circostante riuscì a sottrarli alla deportazione e alla morte certa.

“Faccio solo il mio dovere” commentava a chi lo lodava o lo ringraziava. “Dio non ha nazionalità”, spiegava a quanti invece gli chiedevano ragione del soccorso prestato a tutti, senza distinzioni di passaporto o religione. Irlandese, nato a Cahersiveen nel 1898, e divenuto sacerdote a Roma nel 1925, presto fu nominato vice-rettore del collegio di Propaganda Fide e quindi entrò nel servizio della diplomazia vaticana: Palestina, Haiti, Santo Domingo, Cecoslovacchia. Dal 1938 prese servizio al Sant’Uffizio, abitando nel Collegio Teutonico, nello Stato della Città del Vaticano, cosa che agevolò lo svolgimento della sua preziosissima opera.

Come ricorda Vatican News monsignor O’Flaherty riuscì a costutuire una rete segreta, da lui coordinata, la Rome Escape Line, costituita da uomini e donne che in incognito agevolarono la fuga, il nascondimento e la sopravvivenza di migliaia di prigionieri di guerra e civili. Si ritiene siano stati circa 6.500.

Gli accordi, lo scambio di documenti o delle informazioni sugli appartamenti sicuri presso cui far riparare i perseguitati dal regime, avvenivano spesso all’interno della Basilica Vaticana, ai piedi della Pietà di Michelangelo o nei pressi dell’Altare della Cattedra. “I suoi superiori - racconta Kieran Troy, membro della Hugh O’Flaherty Memorial Society – erano a conoscenza del suo operato, e sono sicuro che anche Papa Pio XII fosse informato delle persone nascoste in Vaticano o dei tanti passaporti stampati per salvare vite umane”.

“Tutto - ricorda ancora Kieran Troy - ebbe inizio quando, su mandato della Santa Sede, O’Flaherty andava a far visita nei luoghi in cui i nazisti detenevano i soldati alleati di lingua inglese. Ai prigionieri il prelato portava sempre libri, sigarette, cioccolato, un sorriso, una parola di conforto e soprattutto la speranza di ritrovare la libertà”. Il sacerdote era solito prendere nota dei nomi dei detenuti su un foglio che poi consegnava alla Radio Vaticana affinchè li divulgasse allo scopo di raggiungere e confortare i loro parenti nei paesi di provenienza.

Acerrimo nemico del sacerdote fu l'ufficiale della Ss Herbert Kappler, passato tristemente alla storia per la strage delle Fosse Ardeatine ma anche la la spietatezza nei confronti degli ebrei. Ne deportò nei lager 1.023 ad Auschwitz, ne tornarono solo 16. Kappler aveva dato ordine di catturare o assassinare O’Flaherty. Da qui il nome il soprannome dato all'irlandese: "la primula rossa del Vaticano". Finita la guerra però il sacerdote, morto nel 1963 in Irlanda, si recò regolarmente a Gaeta per visitare in carcere Kappler, il quale poi si convertì al cattolicesimo. Quest'ultima vicenda fu portata sul piccolo schermo con uno sceneggiato della Rai: "Scarlatto e nero", trasmesso nel 1983 con Gregory Peck nel ruolo di monsignor Hugh O'Flaherty, e Christopher Plummer nei panni di Kappler.

Per ricordarlo la Hugh O’Flaherty Memorial Society, da anni impegnata nel mantenere viva la memoria del sacerdote irlandese che salvò migliaia di persone dai nazisti, ha organizzato quest'anno un significativo raduno celebrativo nella capitale.







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