Il 1609 e la Luna di Galilei che illumina la Sacra Famiglia
di Luca Peyron
In quell'anno, un oggetto modesto, un tubo di legno, pelle e vetro, finì tra le mani dell'astronomo italiano che lo puntò verso il Cielo. Adam Elsheimer non sapeva di lui, ma dipinse quello stesso chiarore che accompagna il cammino nella notte

La storia dell’umanità ruota attorno a fatti puntuali anche se insignificanti quando accadono. Il 1609 entrò in scena senza annunci solenni, come un impiegato che timbra il cartellino e si siede alla scrivania convinto che nulla di essenziale accadrà prima di sera; e invece in quell’anno qualcosa cambiò per sempre il rapporto tra l’essere umano e il cielo. Fino ad allora il firmamento era rimasto un territorio rispettabile ma chiuso, un archivio sigillato di luci fisse e regolari, e nessuno sentiva il bisogno di contestarlo davvero. Ma nel 1609 un oggetto modesto, un tubo di legno, pelle e vetro, finì tra le mani di Galileo Galilei a Padova: il roveto ardente si poteva finalmente guardare più da vicino. Il precursore della scienza moderna lo punta verso la Luna e ne vede per la prima volta i crateri e di Giove svela i satelliti.
La Provvidenza, e chi scrive, ama giocare con i numeri e con le coincidenze: in quel medesimo anonimo anno, Adam Elsheimer dipinge uno dei capolavori dell’arte di ogni tempo, puntando il pennello anch’egli verso la Luna. È lei la grande protagonista de La fuga in Egitto, vangelo che viaggia su di una tavola e si fa viaggio interiore dentro il mistero dell’essere umano e del cosmo, in dialogo tra loro. La Luna, nella piccola tavoletta oggi custodita nella Alte Pinakothek di Monaco, è regina della scena, sospesa nel cielo e duplicata nell’acqua come se due mondi, uno celeste e l’altro terrestre, si rispecchiassero ma senza toccarsi. Almeno sino a quell’anno. Quella di sopra regna al centro, piena, candida, sospesa, quella di sotto è più tremolante e fragile, quasi agli inizi come agli inizi è la scienza nuova di Galileo, come la vita terrena di Gesù. Elsheimer non sapeva dell’astronomo italiano, ma lo Spirito gioca sul globo terrestre. Nel suo dipinto il cielo domina l’oscurità, più del fuoco che si scorge sulla sinistra, più delle fiammelle dei pastori che sorvegliano gli animali, più della stessa Sacra Famiglia che, avvolta nell’ombra, procede silenziosa lungo la strada dell’esilio. Il dipinto restituisce Maria, Giuseppe e il Bambino non come eroi, ma piccoli viandanti finiti sotto la volta infinita, immersi in una notte che appartiene a tutti gli esseri umani di ogni tempo, fatta allo stesso tempo di paura e di promessa. Due strade: quella celeste con una delle prime rappresentazioni fedeli della via Lattea e quella terrestre, tra il fitto dei boschi e delle ombre. Elsheimer, protestante di nascita ma pittore della Roma cattolica, entra in contatto con Caravaggio ed è folgorato dal valore drammatico del chiaroscuro che sviluppa con sensibilità tutta sua. Sceglie la via della natura, del paesaggio, di quell’immensità cosmica che il cannocchiale comincia ad esplorare.
La Sacra Famiglia fugge da Erode e nel suo cammino incarna la condizione di ogni credente che si sente nel mondo, ma non del mondo, che continua a camminare perché è custodito da una promessa. Nella notte che incombe c’è un chiarore che accompagna, una certezza che la storia, pur fragile e incerta, è custodita da un amore più grande. Che a guardare il Cielo si scopre e si contempla. Le strade della terra, buie, sono avvolte dalle strade del cielo, sorprendentemente luminose. Mentre i pastori accudiscono il bestiame e i contadini si scaldano al fuoco, la quotidianità più umile si intreccia con il divino: è questo il mistero dell’Incarnazione, Dio che entra nel tessuto feriale delle cose, nel fumo del legno bruciato, nella fatica di noi umani. Un viaggio, lento e incerto, di tre figure che avrebbero potuto perdersi se non fosse proprio per la Luna, la grande custode silenziosa che veglia come una madre tenera e ferma. La fuga non è una fuga dalla storia, ma è un viaggio dentro la storia. Dove una luce tenue accompagna, rassicura e conduce, proponendosi alla libertà, non imponendosi ad essa. Una luce visibile proprio perché è notte. Come quelle notti in cui anche tu ed io ci troviamo e che la scienza di Galileo e l’arte di Elsheimer ci invitano a guardare con occhi diversi, con aspettative nuove. Con una speranza antica, più antica del 1609 e più moderna del 2025.
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