Il decreto Ucraina alla prova della maggioranza: non solo armi, anche aiuti alla popolazione

Lunedì il Consiglio dei ministri. La Lega in pressing: priorità agli aiuti civili. Forse un vertice Meloni-Tajani-Salvini. Crosetto: mai stato un contrasto, accordo chiuso
December 27, 2025
Il decreto Ucraina alla prova della maggioranza: non solo armi, anche aiuti alla popolazione
La premier Meloni con il ministro Salvini
Matteo Salvini avverte Palazzo Chigi con parole chiare: «Non sarà un semplice decreto sulle armi. Si parlerà di difesa del popolo ucraino, di logistica. Non più solo di offesa e attacco...». Dietro quelle ventitrè parole prende forma l'ultimo braccio di ferro tra i partiti del centrodestra sull'invio di armi all'Ucraina. La data della verità è decisa da tempo: lunedì 29 dicembre, quando il provvedimento sarà sul tavolo del Consiglio dei ministri. Il pressing della Lega è deciso: la priorità deve essere l'aiuto ai civili. Insomma il Carroccio guarda al decreto e fissa «paletti imprescindibili». In primis, l'apertura esplicita all'invio di materiali di carattere civile e umanitario come gruppi elettrogeni e generatori che possano controbilanciare le armi spedite finora a Kiev. Parola d'ordine è insomma «discontinuità» rispetto al passato. Sono ore complicate. Ore di contatti. Di mediazioni. Claudio Borghi, il senatore che segue il dossier per il Carroccio, sente palazzo Chigi, la Farnesina, la Difesa. La Lega insiste: il provvedimento non potrà essere una fotocopia di quelli partoriti finora, ma dovrà aggiungere parole inequivocabili sugli aiuti civili e sulle armi difensive. Come sistemi antiaerei ed equipaggiamenti mirati alla difesa piuttosto che all'attacco di Mosca.
A Palazzo Chigi però non c'è nessun allarme Lega. Alfredo Mantovano, l'ascoltato sottosegretario alla presidenza, anche nelle telefonate più private esclude fibrillazioni nel governo: nel decreto ci saranno sia aiuti civili, sia militari; non sono mai stati alternativi. Si lavora per l'intesa. Per togliere forza al "braccio di ferro". Anche Guido Crosetto minimizza: «Il provvedimento è chiuso da settimane. Non c'è mai stato disaccordo». E anche ai piani alti di Palazzo Chigi si scarta l'ipotesi di un clamoroso strappo della Lega. L'accordo - ripetono - è già al sicuro e, tutt'al più, è in corso il solito gioco politico delle parti, con una sintesi che potrebbe uscire da un confronto a livello di leader tra Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani. Meloni guarda e non nasconde un certo fastidio. Dopo le tensioni dei giorni scorsi che hanno rallentato l'approvazione della manovra al Senato, la premier ha messo in chiaro con gli alleati che non dovranno esserci problemi per il varo del decreto (già slittato a inizio dicembre) con cui si confermerà il sostegno all'Ucraina, atteso proprio all'indomani dell'incontro tra Volodymyr Zelensky e Donald Trump in Florida.
La Lega, però, è entrata "in una fase intransigente" e Borghi insiste: non potrà essere un decreto "armi e basta" come gli altri tre varati dal governo Meloni. Scintille? Tutti gettano acqua sul fuoco. Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri, ripete la linea: «...Ma certo che si approverà anche questo decreto. Bisogna sempre trovare il giusto equilibrio. Io sono favorevole a che gli aiuti siano prevalentemente di natura civile, che significa aiutare la popolazione anche a resistere di fronte al Generale Inverno...». Ma ci sarà un nuovo invio di armamenti? Tajani se la cava mettendo avanti a tutto una complicatissima pace: «... Credo non serva più inviare nessun armamento se si arriva alla pace. Ma, se sarà necessario - chiarisce - ci saranno anche gli invii di materiali militari. E mi pare che la Lega non si sia tirata indietro nei voti, perché non bisogna confondere le legittime posizioni di un partito con l'impedire l'approvazione di un decreto ritenuto necessario dal governo». Si aspetta lunedì e il momento della verità a Palazzo Chigi. Crosetto si ripete. «Accordo chiuso da settimane e che non c'è stato mai alcun disaccordo». E la Lega? E Borghi? Crosetto chiude così: «... Il 29 dicembre vedrete il contenuto del decreto: come dice il Vangelo, "dai frutti li riconoscerete"». A Palazzo Chigi però non si sottovaluta nulla. L'altro sottosegretario alla presidenza Valditara esclude frizioni: la Lega non vuole sentire parlare di aiuti militari? «... Questo non è vero, Salvini non lo ha mai detto. La Lega dice che nel decreto bisogna specificare che c'è soprattutto un aiuto ai civili... È ciò che tendenzialmente ha sempre fatto l'Italia. Lunedì ci sarà un decreto, sul quale abbiamo già un accordo politico chiuso, che continua a sostenere l'Ucraina come abbiamo sempre fatto nella difesa antiaerea e delle infrastrutture energetiche».
Quindi tanto rumore per nulla? «Nel decreto non c'è nulla di innovativo: l'Italia aiuterà l'Ucraina in tutte le forme — anche militari — soprattutto a protezione della popolazione civile. Durerà almeno un anno. Chi ha a cuore l'Ucraina dovrebbe raccontare i miracoli fatti finora dall'Italia. Il sostegno a Kiev con un prestito da 90 miliardi garantito dall'Europa è stato il miracolo politico di Meloni, riconosciuto in tutta Europa e che ha di fatto segnato la storia della Ue per i prossimi anni», chiosa Valditara. Insomma ci sono i margini per qualche concessione alla Lega, con una formula che include anche aiuti destinati alla popolazione civile, e si parla anche di un riferimento nel preambolo ai negoziati in corso, ma la sostanza non cambierà rispetto ai decreti che in questi quattro anni hanno permesso di inviare dodici pacchetti di rifornimenti. E le ultime puntualizzazioni della premier non sono casuali. «È la forza degli eserciti e la loro credibilità lo strumento più efficace per combattere le guerre. Il dialogo, la diplomazia, le buone intenzioni certo servono ma devono poggiare su basi solide».

© RIPRODUZIONE RISERVATA