martedì 24 maggio 2022
Sono più di 3mila le donne in Italia che hanno un tumore al seno ma non lo sanno. Il professor Curigliano (Ieo) illustra le ultime novità terapeutiche. Ma resta centrale, avverte, la prevenzione
Curigliano: più facile guarire dai tumori al seno gravi. Ecco le nuove armi

Ansa / Ciro Fusco

COMMENTA E CONDIVIDI

I numeri parlano chiaro: sono più di 3mila le donne in Italia che hanno un tumore al seno ma non lo sanno. Questo perché, a causa dell’impatto che il Covid-19 ha avuto sul Servizio sanitario nazionale, le operazioni per gli screening oncologici sono state prima sospese (durante il lockdown), poi fortemente rallentate nonostante la ripartenza. Per questo, giunta alla 15esima edizione, la giornata "Ieo per le donne" di questa mattina al Teatro Manzoni di Milano è ancora più importante: vi parteciperanno come ogni anno mille pazienti da tutta Italia, chiamate ad ascoltare gli specialisti sulle novità terapeutiche e a raccontare le loro esperienze. Il tema è "Tumore al seno, più diritti meno stigmi", uno degli argomenti ancora scottanti nella lotta al tumore più frequente nelle donne, che in Italia colpisce ogni anno 55mila persone (pari a un terzo di tutti i tumori femminili), in età sempre più precoce. Ma avanza anche la ricerca, che anzi proprio nelle forme più aggressive dei tumori mammari sta dando risultati rivoluzionari. Attualmente in Italia circa 800.000 donne hanno ricevuto una diagnosi di cancro al seno e oltre l’80% è clinicamente guarito dopo 5 anni. E grazie agli strumenti diagnostici e a terapie d’avanguardia, quando non è ottenibile la guarigione si punta a rendere cronica la malattia. Lo Ieo, fondato da Umberto Veronesi, dal 1994 a oggi ha offerto importanti contributi ai progressi che hanno reso questo tumore curabile e sempre più guaribile: è il centro di senologia con il maggior numero di interventi (3.500 l’anno) e si colloca fra i maggiori centri in Europa.

Triplo negativo. È il tumore al seno più aggressivo che si conosca, già il nome spaventa ogni donna. Eppure è proprio contro questa malattia che la ricerca di nuove terapie galoppa e regala speranze: «Il tumore mammario triplo negativo ha fama di essere terribile», spiega Giuseppe Curigliano, direttore della divisione Nuovi farmaci allo Ieo e professore ordinario di Oncologia medica all’Università di Milano, «però oggi è la malattia potenzialmente più guaribile, se è diagnosticata in uno stadio precoce e, soprattutto, se si fa un appropriato trattamento preoperatorio».

Speranze da riporre nel futuro o già possibili nel presente?
Io riporto ciò che già oggi è disponibile nella pratica clinica o lo sarà nel giro di poco tempo anche nel nostro Paese. E le parlo di studi in cui sono attivamente coinvolto come Ieo, sia nel disegno sia nell’analisi dei dati. Cominciamo quindi a ridurre la demonizzazione di questa malattia, perché è proprio un errore: ormai se la diagnosi è precoce la maggior parte delle pazienti con tumore mammario triplo negativo è guaribile.

Fino a quando è "precoce"?
Quando il tumore è ancora limitato alla mammella o a livello linfonodale. È importante: tutte le donne con questo stadio di malattia, cioè senza evidenza di tumore già diffuso in altri organi a distanza, possono oggi ricevere una terapia preoperatoria, cioè somministrata già prima dell’intervento.

Perché è così fondamentale la terapia pre-intervento?
Perché il tumore triplo negativo ha come caratteristica un indice proliferativo molto alto, cioè cresce rapidamente e potrebbe aver già diffuso delle cellule circolanti prima ancora che si vedano con la Tac, la Pet o la Risonanza whole body (di tutto il corpo), una nuova tecnica diagnostica che stiamo sperimentando allo Ieo.

Quali sono le ultime scoperte terapeutiche, che stanno già cambiando le sorti di tante pazienti?

La grossa novità dell’ultimo anno è che alla chemioterapia preoperatoria si combina l’immunoterapia, vale a dire una classe di farmaci fondamentali (si chiamano immuno checkpoint inibitori) capaci di fare in modo che il sistema immunitario riconosca il tumore come nemico. Questo nuovo trattamento prevede la chemioterapia standard in combinazione con un farmaco che si chiama Pembrolizumab, il quale aumenta la probabilità che il tumore possa sparire del tutto, sia dal seno sia dai linfonodi – questo ottimo scenario si chiama risposta patologica completa –, e quindi ci sia anche un’alta probabilità di totale guarigione. In accordo ai dati di questo studio, oltre il 90% delle pazienti ha ottenuto la risposta patologica completa. Esiste poi un sottogruppo di donne portatrici della mutazione genetica Brca (più o meno il 5% dei tumori mammari)…

La mutazione diventata famosa dal caso dell’attrice Angelina Jolie.

Esattamente. Per loro, sempre nel setting precoce che, come ho già detto, ha già un’alta probabilità di guarigione, è stato sperimentato di recente un farmaco che si chiama Olaparib: tutte le donne che avevano ricevuto una chemio preoperatoria ed erano considerate ad alto rischio, hanno ricevuto un anno di Olaparib, raggiungendo addirittura percentuali di sopravvivenza maggiori del 90%.

In definitiva, qual è il messaggio buono?

Va detto chiaro: se diagnosticati allo stadio precoce, i tumori triplo negativi sono guaribili, e oggi abbiamo due nuove risposte per aumentare la probabilità di guarigione: la prima è l’immunoterapia, la seconda, però solo per le donne che hanno la mutazione del gene Brca, è l’Olaparib.

Cosa dire invece nei casi in cui la malattia è già metastatica?

Purtroppo per queste donne la prognosi è più difficile. Ma per fortuna negli ultimi due anni abbiamo anche qui ottenuto grandi obiettivi nella sopravvivenza, grazie all’introduzione dell’immunoterapia in combinazione con la chemioterapia. Va detto però che nella malattia metastatica l’immunoterapia funziona solo per le donne che sulle cellule tumorali presentano la proteina Pd-L1, praticamente il bersaglio sul quale il farmaco agisce: se questo bersaglio non c’è, l’immunoterapico non ha efficacia.

Si spera anche nei recentissimi farmaci "cavalli di Troia", in cosa consistono?

È una classe di farmaci molto interessante chiamati "anticorpi coniugati": come il cavallo di Troia portava nel ventre i soldati, questi portano "nascosto" dentro di sé un carico di chemioterapia, che così viene trasportato solo all’interno della cellula malata. Questo permette una chemio altamente selettiva che uccide solo le cellule tumorali senza danneggiare le altre. Il farmaco (Sacituzumab Govitecan) fra poco sarà disponibile anche nel nostro Paese.

C’è un altro tumore mammario molto temuto, il tipo Her-2 positivo.

Anche questi sono tumori aggressivi, ma paradossalmente la malattia Her-2 positiva è quella che negli ultimi anni ha portato a più alte percentuali di guarigione, perché abbiamo sviluppato farmaci estremamente attivi. Addirittura, nella malattia Her-2 positiva precoce, la percentuale di donne guarite supera il 90% negli stadi 2 e 3, e nello stadio 1 sfiora il 100%. Ma anche nella malattia metastatica la sopravvivenza media oggi è altamente al di sopra dei 6 anni: personalmente seguo donne che da più di 10 anni vivono bene, perché le strategie anti Her-2 danno la possibilità di controllare la malattia con un’eccellente qualità della vita. Non posso non citare lo studio che stiamo facendo col nuovissimo Trastuzumab Deruxtecan alle pazienti con metastasi: non c’è una sola di loro che non abbia avuto un beneficio, l’indice terapeutico di questo farmaco è straordinario! Detto questo, però, la regola più importante è che la prevenzione è sempre la chiave delle guarigioni: più precocemente scopriamo le malattie, maggiori sono le possibilità di guarire.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: