
Jannik Sinner in un match del Roland Garros 2025 - Ansa
Tra i motivi che portano a mancare un’occasione: disattenzione, caso, timidezza, distrazione, perdita di concentrazione. A queste aggiungo una che mi riguarda: il rifiuto di coglierla. Ho una predisposizione a lasciar passare le occasioni. Le ho viste sfilare con le loro attrazioni, le lusinghe.
Non mi riferisco ai saldi di stagione. Ho ripensato alle occasioni mancate guardando la finale del torneo di tennis di Parigi. Chi ha assistito alla partita ha visto che il nostro beniamino ha avuto alcune clamorose opportunità di vincere. Qualcosa lo ha fermato sul traguardo dell’ultimo punto. Non solo i tre match points consecutivi in risposta al servizio del rivale.
Ha subito dopo avuto a suo favore il turno di battuta per chiudere l’incontro. Queste occasioni mancate sono state così clamorose da costituire una pietra d’inciampo. Da imperterrito mancatore di occasioni mi permetto un consiglio. Non rimuovere brutalmente il ricordo, amputarselo per andare avanti.
Il mio suggerimento è di sorridere all’occasione lasciata correre. Non è perduta, è invece una nuova conoscenza di sé stessi.
Può sembrare assurdo: congratularsi addirittura della propria rinuncia che sul momento è presa con senso di colpa e fallimento. Però si può: da qualche parte dentro di sé è stata volontaria. Così quell'occasione diventa il banco di prova di una scoperta di sé stessi. Allora arrivare a sorridersi, al sorriso sulla ferita della delusione rende giustizia all'occasione. Quella non colta in niente è minore, anzi è maggiore. Quella afferrata è dimenticata in fretta. Quell'occasione lasciata andare via in quella partita l'ha resa epica e indimenticabile.
Non è consolazione, è l'evidenza. Siamo creature misteriose. Riusciamo ad afferrare qualcosa di noi stessi solo nell'ora della rinuncia. A una grandiosa rinuncia ho assistito alla televisione domenica 8 giugno su un rettangolo di terra rossa.