giovedì 27 settembre 2018
Il cardinale Turkson: speriamo cambi in Parlamento. Missionari comboniani e scalabriniani contro: «Norma da riscrivere, considera l’immigrazione solo come problema di ordine pubblico».
Decreto immigrazione, cresce il fronte del “no”
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«La legge deve passare in Parlamento, speriamo che ci siano persone che possano pensarla diversamente» è l’auspicio che il cardinale Peter Turkson, prefetto del Dicastero dello Sviluppo umano e integrale, che per il Vaticano si occupa di migranti, rivolge a chi dovrà dare l’ok definitivo al decreto immigrazione e sicurezza del ministro dell’Interno, Matteo Salvini. «Emigrare non è un crimine, ogni uomo ne ha diritto per cercare una vita degna» ha aggiunto Turkson parlando a margine della presentazione del Rapporto Unctad, sul commercio e lo sviluppo.
Si allunga così il coro di voci contro il decreto che vuole cancellare la protezione umanitaria, riformare il sistema di accoglienza e dare un colpo di acceleratore su espulsioni e rimpatri. Voci laiche e religiose di chi da anni è impegnato ad accogliere chi fugge da guerre, violenze e carestie e di chi monitora il rispetto e la tutela dei diritti umani, da Nord a Sud del mondo.

Missionari fortemente critici
Anche per i missionari comboniani, «il decreto Salvini è da riscrivere». Peggiora il quadro legislativo sull’immigrazione, sostengono, elencando i punti che creano preoccupazione. Il testo «mette in ulteriore difficoltà i richiedenti asilo, presuppone che i pericoli maggiori per la sicurezza derivino dai migranti». È inoltre in contrasto con la Dottrina sociale della Chiesa e con gli insegnamenti di papa Francesco. «Intendiamo manifestare il nostro totale disaccordo nei confronti del decreto perché considera l’immigrazione principalmente come un problema di ordine pubblico – sottolineano –. L’aspetto securitario del decreto legge, indiscutibilmente necessario, non deve e non può mettere in secondo piano l’aspetto più importante, e cioè che l’immigrazione non è una maledizione ma una risorsa per la società». Dello stesso tono la preoccupazione dei missionari scalabriniani che operano in Europa ed Africa. «Unire i problemi della sicurezza interna dell’Italia, più ampi di quanto realmente generato dal fenomeno migratorio – si pensi solo alla criminalità organizzata o alla violenza imperante in molte periferie cittadine – appare la sintesi di una visione distorta». È molto duro anche il giudizio di Human Rights Watch (Hrw) che boccia categoricamente il decreto firmato lo scorso 24 settembre e definisce quello del governo italiano un «approccio disumano» al tema.

Salvini oggi in Tunisia
Matteo Salvini, da parte sua, difende invece a spada tratta il decreto che porta il suo nome e attacca tutti coloro che criticano il provvedimento uscito dal Consiglio dei ministri. E oggi volerà in Tunisia dove, per ottenere più rimpatri ed espulsioni, metterà sul piatto un pacchetto di investimenti finalizzati ad aiutare le autorità nel contrasto all’immigrazione irregolare e a rilanciare l’economia del paese nordafricano. Sul provvedimento, tutto si giocherà quindi nelle prossime settimane. Il Parlamento italiano dovrà esaminare e convertire in legge entro 60 giorni il decreto, dopo e se il presidente della Repubblica lo avrà firmato.

Germania e Francia al lavoro sulle quote

Intanto sul tema "migrazioni" anche Francia e Germania si muovono. Dopo il caso Aquarius, Parigi è al lavoro su una proposta per la ridistribuzione dei migranti salvati in mare, un sistema temporaneo, in attesa di un’intesa sulla riforma di Dublino. In particolare, è alle prime fasi di studio un modello di solidarietà da attivare in caso di sbarco, per evitare il ricorso a risposte ad hoc. L’idea è che vi possa aderire un congruo numero di Paesi. Mentre l’accordo tra Germania e Italia, dato ormai per cosa fatta due settimane fa, verrà trattato direttamente dai capi di governo dei due Paesi, ossia dalla cancelliera Angela Merkel e dal premier Giuseppe Conte (e non dai rispettivi ministri dell’Interno, come invece previsto). Roma ha messo sul tavolo "nuovi elementi" sull’intesa che, che prevede tra le altre cose il respingimento e il ritorno in Italia dei profughi intercettati al confine tra Germania e Austria che abbiano già presentato domanda d’asilo nel nostro Paese: sono questi "nuovi elementi" ad aver spinto il ministro degli Interni Horst Seehofer (Csu) a decidere di passare il dossier ai capi di governo.

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