martedì 27 ottobre 2009
Morto un somalo di 25 anni: non si conoscono ancora le cause del decesso. In 298 sono arrivati stremati nel Ragusano, 13 i ricoverati.
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È un somalo di 25 anni la vittima della traversata compiuta da 298 persone, arrivate a Pozzallo alle 19 di ieri, stremate, dopo quattro giorni trascorsi in balia delle onde. Tutti stipati a bordo dello stesso peschereccio di legno colore azzurro con una striscia bianca in mezzo, lungo circa 17 metri, con il quale hanno sfidato il Mediterraneo in nome del sogno europeo. Tra di loro 46 donne, quattro delle quali incinte, e 29 bambini. Sulle cause della morte del giovane somalo le autorità sanitarie mantengono il riserbo. Il prefetto Francesca Cannizzo ha detto di non poter rispondere se il decesso sia stato provocato da una febbre contagiosa.A trainare lentamente il barcone fino alla terraferma un rimorchiatore d’altura scortato da due motovedette della Guardia costiera. Molti di più invece i mezzi impegnati durante tutta la fase dei soccorsi: soprattutto la motonave Antignano, due motovedette della Guardia di Finanza di Pozzallo e Messina e un pattugliatore maltese che ha collaborato alle operazioni fino al limite delle acque territoriali. Per affiancare la prefettura di Ragusa nell’organizzare i soccorsi nel centro di Pozzallo, un ex capannone della dogana, è partita da Roma una task force del Viminale. I migranti sarebbero soprattutto eritrei e somali (a confermarlo anche la telefonata partita dalla carretta con un satellitare e arrivata a un eritreo residente in Italia). «Quando venerdì mattina la richiesta è arrivata in Italia, abbiamo preso in mano il coordinamento delle operazioni e sono state avvertite le marinerie di Libia e Malta per predisporre tutte le misure necessarie», spiega il prefetto Rodolfo Ronconi, responsabile della direzione centrale immigrazione e polizia della frontiera del Viminale. «È stata contattata una petroliera italiana, la Antignano, che si stava dirigendo in Libia ma le pessime condizioni del mare (forza 7 e vento a 31 nodi), le altissime paratie della petroliera, il sovraffollamento e la precarietà dell’imbarcazione non hanno consentito di procedere al soccorso». «In quel momento – osserva Ronconi – il barcone si trovava in acque libiche e se la petroliera italiana avesse preso a bordo i migranti, li avrebbe poi condotti, in accordo con Tripoli, verso le coste libiche da cui erano partiti». Il peschereccio, invece, è rimasto in balia delle onde e gli uomini della Antignano sono riusciti solo a lanciare dei viveri. Come sottolinea il prefetto, le cattive condizioni del mare hanno vanificato anche altri quattro tentativi di una motovedetta libica di raggiungere l’imbarcazione. Ma il barcone intanto era arrivato in acque maltesi. Ieri mattina, finalmente in acque italiane, nonostante il mare in burrasca, si è riusciti ad agganciare l’imbarcazione. Rimane da chiarire perché, ancora una volta, non siano intervenute né Libia né Malta. Secondo il portavoce delle Forze armate, maggiore Ivan Consiglio, le convenzioni Sar imporrebbero al Paese che riceve la richiesta di aiuto l’obbligo di coordinare le operazioni di soccorso. Malta aveva inviato una motovedetta nei pressi dell’imbarcazione, ma vedendola scortata dalla petroliera italiana, non ha ritenuto vi fosse pericolo per la vita dei migranti. Invece le condizioni a bordo erano già critiche e forse un intervento tempestivo avrebbe salvato la vita dell’uomo che poi infatti non ce l’ha fatta. Intanto, grazie alle informazioni raccolte, due degli scafisti sono stati già arrestati in Libia da uomini delle polizie italiana e libica. Si tratta di un eritreo di 26 anni, trovato in possesso di un passaporto sudanese falso, e un cittadino libico proprietario dell’imbarcazione.
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