venerdì 5 giugno 2020
Cinque anni fa nel piccolo centro in valle Argentina (Imperia) gli abitanti erano 15, tutti in là con gli anni. Poi l’arrivo di nuove coppie, 4 bambini nati, i sentieri puliti, l’aiuto agli anziani...
Benvenuti a Glori, paese di sole e carrugi, acqua fresca e girasoli

Benvenuti a Glori, paese di sole e carrugi, acqua fresca e girasoli - Collaboratori

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«Benvenuti a Glori, paese di sole e carrugi, acqua fresca e girasoli. Tempi che furono e che saranno». È il manifesto che ci accoglie all’entrata di Glori, frazione di Molini di Triora, un antico nido d’aquila di pietra e ardesia incastonato fra il verde abbagliante dei castagni e l’argento degli ulivi della Valle Argentina.

Una minuscola frazione dell’entroterra della provincia di Imperia che stava per morire a causa dello spopolamento: fino a cinque anni fa i residenti erano solo quindici, tutti anziani. D’estate, l’arrivo di qualche turista svizzero e tedesco che negli anni ’70 si è comprato per due lire una seconda casa.

Quando, all’improvviso, tutto è cambiato: sono tornati i giovani, sono nati quattro bambini, ed è partito il progetto Glori the place to be, insignito pochi giorni fa da Legambiente del premio nazionale “Voler bene all’Italia”. In questo borgo sospeso nel tempo, è nata, grazie ad alcuni giovani visionari, una tra le dieci realtà che hanno saputo progettare e strutturarsi in modo resiliente per far fronte a situazioni estreme come l’emergenza sanitaria legata al Covid-19. Puntando su ecologia e senso della comunità. «Si tratta di territori straordinari custodi di gran parte dei gioielli di natura e tradizioni del Paese, spesso lasciati ai margini delle politiche nazionali – ci spiega Daniela Lantrua, presidente della sezione Legambiente della Valle Argentina –. Il ripopolamento attraverso un villaggio sostenibile significa salvaguardia di un ambiente fragile».

In meno di mezz’ora d’auto dalla affollata e cementificata Riviera dei Fiori si sale su su sino a 593 metri metri, fra tornanti contornati da bocche di leone e ulivi. Arrivati in cima, lo sguardo spazia dal blu del mar Ligure verso sud ai 2.100 metri del Monte Saccarello verso nord.

Fino agli anni ’50 in questo borgo medievale vivevano 300 abitanti dediti alla coltivazione dell’ulivo e dei fagioli. Poi lo spopolamento a causa della mancanza di lavoro, le fasce abbandonate, i rovi, le frane. Ce lo racconta Gianluca Ozenda, presidente del Consiglio comunale di Molini di Triora, storico di Glori e campanaro. Vicino alla cappelletta dedicata alla Madonna Pellegrina sono appoggiati alcuni tricicli e biciclettine. Nel silenzio della minuscola piazzetta dinanzi alla Chiesa della Natività di Maria S. S. di Glori riecheggia il pianto di un neonato. «È merito dei bambini di Glori se l’asilo di Molini di Triora è rimasto aperto quest’anno: su sei bambini, due sono nostri» ci spiega orgoglioso Gianluca.

Qui sono arrivati l’olandese Juliette, fotografa che fa traduzioni, con suo marito Roberto, giardiniere e il loro bimbo di un anno e mezzo; il francese Michel che fa lo scultore; Roberto e Lorenzo, due amici musicisti. I primi che si incontrano sono Sara, 36 anni, ex commessa di Milano e il suo compagno Vincenzo, 40 anni, informatico, originario di Pozzuoli, che hanno rilevato il ristorante bar all’entrata del paese, “L’oste e la strega”: «Sono stato 5 anni in Parlamento coi 5 Stelle e molti dei miei ideali sono stati delusi, volevo cambiare vita» confessa lui. Il colpo di fulmine per Glori un anno fa: «Non siamo riusciti a inaugurare il locale il 13 marzo, causa coronavirus. Ora siamo pronti per fornire un servizio alla comunità e ai suoi visitatori».

Sono tutti arrivati attirati via Facebook dal progetto Glori the place to be lanciato nel 2015 da Luca Papalia, originario della vicina Riva Ligure, venuto ad abitare qui con Chiara cinque anni fa e Matteo Filippone che già si era trasferito qui da otto anni con la moglie Elisa.

Dalla cima del campanile, Gianluca ci mostra in lontananza, il Santuario di Nostra Signora di Lourdes che spunta dal bosco: «Da lì passa un sentiero che da Glori porta a Carpasio e tocca ben due santuari mariani. Ora è finalmente raggiungibile perché la comunità ha pulito oltre 8 chilometri di sentieri» ci spiega. Aggiunge il parroco Rosario Tambaro «Durante la pandemia ho portato per i vicoli di Glori il Santissimo a benedire le persone che stavano in casa, è stato commovente». Intanto i giovani portavano agli anziani la spesa e il pane cotto nel forno comunitario del paese. Risultato: nessun contagio.

Tutto qui ci fa comprendere come la rispettosa convivenza fra uomo e natura sia possibile e crei comunità. Gli orti abbandonati sono stati strappati faticosamente alle pendici della montagna anche grazie alle mani di Matteo Filippone, 33 anni, nato e cresciuto Reggio Emilia, perito meccanico che ha imparato l’antica arte dei muretti a secco. È lui che insieme all’amico Luca Papalia, con cui ha vissuto per tre anni in un ecovillaggio in Toscana, ha dato vita all’Associazione di promozione sociale. «Mia moglie Elisa che crea saponi naturali – ci racconta Matteo, papà di Fiume, nato il primo febbraio e di Miro, tre anni e mezzo –. Su quindici nuovi residenti, dieci sono laureati, siamo tutti cresciuti in grandi città che offrono solo affitti cari, pochi stimoli e poche prospettive. E l’emergenza del Covid ha dimostrato che la nostra è la strada giusta. Non è una scelta di vita semplice, ma siamo attrezzati con le nuove tecnologie. I nostri figli possono crescere qui robusti, liberi e con sani principi».

Incontriamo Luca, l’ex barista che ha lasciato la movida per una vita nella natura, mentre rientra dai terreni che ha preso in concessione e dove ha piantato lo zafferano, la lavanda e i fagioli “munegheta”. «Vogliamo ripopolare il luogo in modo sostenibile, senza farne una meta turistica finta – spiega –. Abbiamo quasi 5mila follower su Facebook e una domanda altissima di aspiranti abitanti». «Il futuro di tutta la Valle Argentina sta in questa formula – conclude Manuela Sasso, sindaca di Molini di Triora – Le difficoltà sono tante, certo, ma il domani è verde».

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