mercoledì 12 febbraio 2020
Papà "orfano" sceglie la morte. Da 9 mesi era costretto a stare lontano dalle sue bambine. Ma non voleva avviare una causa per non danneggiare la famiglia. Le associazioni: ogni anno 250 suicidi
Le poesie di un padre separato per dire addio alle figlie che non può vedere
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Difficile la vita .../ Cruento il destino/ Meschino il giorno/ Lontano il cielo/ Nodi che legano ferite/ che sanguinano ancora/ E lacrime infuocate di dolore…

Scriveva poesie Alì. Poesie d’amore, anche colme d’amarezza, come questi versi. Gli ultimi. Scritti pochi giorni prima di decidere che non ci sarebbe stata altra soluzione al suo dramma di padre separato se non quella più estrema e più assurda. Nelle sue poesie, che gli avevano fruttato anche premi letterari, parlava spesso anche di quei figli che dal maggio scorso non riusciva più a vedere. Soprattutto le più piccole, due ragazzine di 7 e 15 anni che amava profondamente. Proprio per amor loro aveva deciso di andarsene da casa. I litigi ormai quotidiani con la moglie, le tensioni profondissime, le incomprensioni gli spezzavano il cuore. Non voleva più che le bambine assistessero a quelle urla. Ma non voleva neppure mettere in difficoltà la moglie che non smetteva di amare e che continuava a sostenere economicamente, per quanto possibile.

Parlava quattro lingue, aveva una profonda cultura. Aveva chiesto aiuto, lui musulmano credente ma disponibile al confronto, all’associazione Famiglie separate cristiane, anche se formalmente separato non lo era ancora. L’avevano aiutato e ascoltato per lunghe ore. L’avvocato dell’associazione con cui l’avevano messo in contatto gli aveva spiegato che sarebbe stato opportuno avviare un procedimento per ottenere l’affido congiunto delle due figlie minorenni. Ma Alì, 53 anni, origini marocchine ma da oltre 30 anni in Italia dove sono nati i suoi tre figli, era incerto. Non voleva mettere di mezzo la legge. Conosceva bene la situazione dei padri separati. Aveva ascoltato tante testimonianze E più si informava, più la sua convinzione di non poter reggere al fuoco incrociato della burocrazia, dei costi economici e delle lungaggini giuridiche diventava incrollabile.

«Sapeva che a noi padri separati a cui, come spesso accade, viene impedito di vedere i figli – spiega Ernesto Emanuele, presidente dell’Associazione famiglie separate cristiane – la legge offre ben pochi aiuti. Dobbiamo pagare e tacere». Una volta avviato, il procedimento giudiziario può portare a esiti inimmaginabili, come quello di vedersi fissare l’obbligo di versare un assegno mensile superiore alle proprie forze. Oppure vincoli sulle modalità di incontrare i propri figli, per esempio alla presenza di un assistente sociale. «Che ricordo avranno di loro padre le mie bambine?». Con questa incertezza che lo consumava dentro, si era trascinato per alcuni mesi. Sempre più confuso e annichilito. Alla rabbia si era sostituita la depressione. Ma continuava a lavorare. Nel suo paesino, nel Nord-ovest del Milanese, era sostenuto da varie famiglie. Una, in particolare, che con grande sensibilità lo affiancava fin da quanto era arrivato in Italia. «L’abbiamo sostenuto, incoraggiato. Ma abbiamo capito che era sempre più difficile penetrare nel suo dolore. Non voleva neppure prendere farmaci per vincere la depressione».

A preoccuparlo, come detto, la sorte delle figlie nel caso in cui si fosse avviato un procedimento giudiziario. «Ho visto centinaia di casi in questi anni – racconta Nicola Saluzzi, vicepresidente dell’Associazione Papà separati Milano, che l’aveva incontrato varie volte in queste ultime settimane – ma non mi sono mai confrontato con una situazione così drammatica e insieme così lucidamente disperata. Ci ha toccato tutti nel profondo». Da qui l’idea di compilare un dossier con i nomi di tutti i membri dell’associazione che si sono tolti la vita nell’ultimo decennio. Dati, nomi, circostanze, situazioni giudiziarie. Una lunga striscia di sofferenze e di ingiustizie.

Quanti sono? «Possiamo soltanto fare una stima, perché naturalmente – riprende Ernesto Emanuele – i nostri aderenti sono soltanto una piccola percentuale rispetto ai 4 milioni di separati. Ma non crediamo di esagerare se diciamo che nell’ultimo decennio sono stati 250-300 l’anno i padri separati che si sono tolti la vita. Per questo la legge di riforma dell’affido condiviso è un’urgenza assoluta. Ma dev’essere una legge equilibrata, non ideologica, che non metta padri e madri gli uni contro le altre. E imponga tempi certi ». Perché nulla come l’attesa senza fine sbriciola la fiducia nella giustizia e la volontà di resistere alle situazioni emotivamente più coinvolgenti.

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