lunedì 23 novembre 2009
Il velivolo, un C130 della 46/a Brigata aerea, si è schiantato nei pressi dell'aeroporto di Pisa durante un'attività addestrativa. Nessuno dei 5 passeggeri è sopravvissuto. Ancora incerte le cause del disastro, ma un testimone oculare sostiene di aver visto fiamme a bordo prima della tragedia. Disagi sulla linea ferroviaria.
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Si chiama touch and go ed è una tecnica di addestramento di volo militare comunemente usata in aereonautica. L’aereo si abbassa per atterrare ma, appena toccata la pista, ridà gas ai motori e riprende quota. Una procedura standard, che però, è costata la vita, ieri pomeriggio, a cinque aviatori. I militari erano a bordo di un Lockheed C130J: uno dei più grandi aerei da trasporto in servizio da alcuni anni, utilizzato in diverse missioni per l’aviolancio di paracadutisti e materiale. Bruno Cavezzana, Gianluca Minichino, Salvatore Bidello, Maurizio Ton e Gianluca Larice, quell’aereo lo conoscevano bene: loro stessi erano professionisti del volo, gente seria e molto preparata. Non potranno, però, più raccontare cosa è successo ieri in quel volo delle 14.10: nessuno di loro è uscito vivo dall’aereo ridotto in pezzi.  Il Lockheed C130J dopo avere toccato terra (touch, appunto), per ripartire (go) in direzione mare, arrivato ad una altezza di circa 150 metri ha perso il controllo e si è schiantato al suolo. Qualcuno (ed un video trasmesso ieri in tv lo confermerebbe) avrebbe visto l’aereo avvitarsi  - non lontano dalla torre di controllo - fino a precipitare rovinosamente a terra sulla linea ferroviaria Pisa-Collesalvetti-Cecina. Forse è andato in stallo, chissà. Saranno una commissione dell’aereonautica militare e la magistratura pisana ad accertare, definitivamente, la verità. Il generale di brigata aerea Stefano Fort, comandante della 46/a brigata, ha spiegato che l’aereo, un C130J, era di recente costruzione e «ineccepibile dal punto di vista manutentivo». Le scatole nere, che registrano dati e voce e che i soccorritori stanno ancora cercando, daranno la risposta: diranno se si è trattato di un inconveniente tecnico e, soprattutto, proprio grazie alle registrazioni vocali e chi era in quel momento ai comandi.A terra l’aereo è esploso. Ma, probabilmente, non perché nel C130J si trovavano esplosivi a bordo: molto più semplicemente sarebbe esploso il carburante, che normalmente si trova nelle ali dell’aereo. Ed infatti la parte centrale del veivolo è risultata la più danneggiata, mentre il troncone della coda è rimasto più o meno integro. Immediati sono scattati i soccorsi. I vigili del Fuoco ed i militari hanno lavorato un paio di ore prima di spegnere l’incendio. Poi l’operazione di bonifica è proseguita fino a tarda notte.I resti dell’aereo sono stati trovati entro un centinaio di metri dal luogo dell’incidente, un raggio di distanza relativamente corto per incidenti di questo tipo. I corpi dei militari morti sono stati recuperati non senza fatica. E forse ancor maggior fatica e dolore ha provato chi ha avuto l’incarico di comunicare la triste notizia ai familiari. L’incidente ha scosso un po’ tutti: militari, istituzioni nazionali e locali. Oltre all’aereoporto militare "Dall’Oro", anche quello civile, il "Galileo Galilei", è stato chiuso per qualche ora, anche per consentire a due elicotteri delle forze dell’ordine - uno dei carabinieri e l’altro della polizia - di sorvolare l’area senza esser disturbati dal traffico civile. Quattro i voli civili cancellati. Tutto è tornato alla apparente normalità alle 16.45. Anche i collegamenti ferroviari tra Pisa e Livorno sono stati interrotti per un ora.Quella del C130J è una linea relativamente giovane: il primo esemplare arrivò nella base militare di Pisa il 18 agosto del 2000. Oggi dall’aereoporto Dall’Oro partono e tornano, ordinariamente, ventidue di questi veivoli; «aerei sottoposti a scrupolose manutenzioni e dotati di impianti elettronici che inviano diagnosi continue alle nostre centrali» ha osservato il maggiore Giorgio Mattia, responsabile delle comunicazioni nella 46ª Brigata Aerea. Non ne è molto convinto, invece, Falco Accame, presidente dell’Anavafaf, un’associazione che assiste i familiari delle vittime arruolate nelle Forze Armate, che chiede, al contrario di fermare la linea di volo del C-130J. Accame racconta un triste precedente, quello degli aerei Amx: «durante le prove di collaudo all’aereoporto Caselle di Torino uno di questi cadde. Per non aver fermato la linea di volo, almeno altri quattro incidenti mortali si verificarono per questo tipo di aereo».
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