sabato 14 gennaio 2017
L'annuncio del premier: ripristineremo la custodia cautelare durante la pratica di richiesta di asilo.
Orban: «Arresto per tutti i migranti»
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Non pago della barriera metallica installata per respingere i profughi, adesso il premier ungherese Viktor Orban costruisce un 'muro' anche tra il diritto magiaro e quello umanitario internazionale. L’Ungheria, infatti, ripristinerà la custodia cautelare per gli immigrati durante la pratica della richiesta di asilo. E poiché la totalità degli stranieri che bussano alle porte di Budapest sono richiedenti asilo, vuol dire mettere agli arresti tutti i profughi nel-l’attesa che venga esaminata la domanda di protezione umanitaria, venendo parificati a dei presunti criminali in attesa di processo. Lo ha annunciato lo stesso Orban alla radio pubblica Mr. Sotto le pressioni dell’Ue e dell’Onu, l’Ungheria aveva sospeso questa prassi nel 2013, ben prima dell’ondata di arrivi lungo la rotta balcanica. «La misura va contro le norme internazionali, precedentemente accettate anche dall’Ungheria. Lo sappiamo – ha ammesso Orban – ma lo faremo lo stesso», ha detto con tono sprezzante. Una mossa politica che vede i profughi in ostaggio delle mire del capo di governo magiaro. L’arresto sistematico è «apertamente contro l’Ue», ha continuato Orban, ma «dobbiamo proteggere la nostra sovranità» dalla minaccia rappresentata dai migranti che secondo il premier sono collegati agli «attentati terroristici». Solo il giorno prima, in occasione del giuramento dei nuovi cadetti della guardia di frontiera, il premier aveva affermato che l’emergenza immigrazione non diminuirà e l’Ungheria non può affidarsi a una soluzione qualunque da parte dell’Ue. Secondo Orban i migranti rappresentano «un rischio » per la cultura e la sicurezza degli ungheresi e una minaccia sul fronte del terrorismo. Per questo motivo, ha spiegato, l’Ungheria deve sorvegliare anche più di prima i suoi confini.

«In Europa, viviamo il tempo dell’ingenuità e dell’incapacità: gli immigrati sono vittime dei trafficanti, ma anche dei politici europei, che incoraggiano la migrazione con la politica di accoglienza », ha detto. «Da noi, non ci saranno camion che investono chi festeggia», ha concluso alludendo alla strage di Berlino e a quella di Nizza. I tribunali magiari, però, hanno mostrato più volte di avere una differente concezione dello stato di diritto. Non di rado facendo alzare il bavero al piccolo zar di Budapest. Proprio ieri la corte di Szeged, città al confine con la Serbia, ha condannato a tre anni di libertà vigilata la videoreporter che nel 2015 prese a calci e fece lo sgambetto ad alcuni profughi, facendo rovinare a terra un uomo con in braccio il suo bambino di 7 anni, mentre tentavano di sottrarsi a una carica della polizia. Il filmato con le immagini che inchiodavano Petra Laszlo aveva fatto il giro del mondo suscitando profondo sdegno e unanime solidarietà nei confronti del siriano Osama Abdul Mohsen e di suo figlio Zaid. La cameraman non era presente in tribunale al momento della sentenza, ma si è fatta viva da una località sconosciuta cercando, in lacrime, di giustificarsi e difendersi, sostenendo di avere agito in quel modo perché in preda al panico durante la calca. Il governo però non demorde e sempre più spesso si ascoltano toni da vero regime. Szilard Nemeth, vicecapogruppo parlamentare del partito di maggioranza Fidesz, di cui Orban è il leader, ha lanciato un pesante avvertimento ad organizzazioni come Amnesty International e altre sigle impegnate nella promozione dei diritti umani. «È venuto il tempo di spazzare via le associazioni civiche che rappresentano il capitale globale, e il mondo del politically correct», ha detto Nemeth, annunciando che in futuro saranno sottoposte a uno stretto controllo.

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