martedì 8 ottobre 2013
Come previsto il premio va alla scoperta della particella mancante, che spiega cosa è successo un attimo dopo il Big Bang. Enrambi gli scienziati, in modo indipendente, hanno teorizzato l'esistenza della particella grazie alla quale esiste la massa. Esultanza anche all'Istituto di fisica nucleare di Roma e al Cern di Ginevra. (Franco Gabici)
Caccia finita: scovato il bosone di Higgs di Franco Gabici (4/7/2012) | Intervista ad Amaldi: questa avventura darà altre sorprese di Paolo Viana (4/7/2013)
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​Il Nobel 2013 per la fisica, come si dice, era nell’aria e pertanto l’annuncio dell’Accademia svedese delle scienze è stato accolto dalla comunità scientifica come la ratifica di un’aspettativa che col passar del tempo si era andata via via trasformando in certezza. Il Nobel, infatti, è stato attribuito al fisico scozzese Peter Higgs (84 anni) e al belga François Englert (81 anni) per le loro teorie elaborate all’inizio degli anni Sessanta del secolo scorso che ipotizzavano l’esistenza del famoso "bosone di Higgs", la cui scoperta è stata resa possibile dagli esperimenti Cms e Atlas realizzati con il grande acceleratore Lhc di Ginevra sotto la direzione dei fisici italiani Guido Tonelli e Fabiola Giannotti. Questo Nobel, dunque, come ha sottolineato il presidente dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) Fernando Ferroni, «parla moltissimo italiano» ma soprattutto «parla di vent’anni di ricerca italiana e di centinaia di scienziati italiani che hanno lavorato sulle teorie di Higgs e di Englert». Comprensibile, dunque, la vera e propria esplosione di gioia con cui i fisici radunati nella sala stampa dell’Infn a Roma hanno salutato l’annuncio, col conseguente brindisi che Ferroni ha dedicato alla «straordinaria ricerca scientifica del nostro Paese». Sicuramente un bel biglietto da visita per la nostra scuola di fisica, degna della tradizione dei Fermi, dei Segré e dei Rubbia, ma che purtroppo non riesce a trattenere in Italia i suoi cervelli. E così in questo Nobel c’è anche un po’ di amaro perché il premio, ha commentato ancora Ferroni, «parla anche di centinaia di studenti italiani pagati dall’Infn che hanno lavorato al Cern e che ora se ne andranno all’estero». Il bosone di Higgs, che in questi ultimi tempi è stato spesso alla ribalta della cronaca, è stato presentato ai media come la particella di Dio, una definizione nata non in un laboratorio ma nell’ufficio di una casa editrice. Nel 1993, infatti, Leon Lederman aveva pubblicato un libro divulgativo per spiegare questa misteriosa particella e lo aveva intitolato The Goddamn particle, vale a dire "la particella maledetta", dove con quell’aggettivo voleva semplicemente sottolineare come fosse difficile giungere alla sua scoperta. Quel "maledetta", però, non piacque all’editore che trasformò il Goddamn particle in The God Particle ("la particella Dio"). Chi ha tradotto nella nostra lingua il libro di Lederman, poi, si è preso la licenza di chiamarla "particella di Dio" e con questo nome oggi è conosciuta. Ma sia nell’uno che nell’altro caso ("particella Dio" o "particella di Dio"), la definizione non è mai andata a genio a Peter Higgs, perché ritenuta offensiva nei confronti delle persone di fede. Peter Higgs si è sempre dichiarato non credente, ma è convinto che chi fa ricerca possa trovare conforto nella fede e che anche lo scienziato possa essere di aiuto all’uomo di fede. L’idea dell’esistenza del "bosone" che oggi porta il suo nome gli venne in mente nel 1964 durante una passeggiata nei boschi, ma sul principio l’ipotesi non fu mai accettata dalla comunità scientifica. Werner Heisenberg, uno dei padri della fisica moderna nonché Nobel per la fisica, definì addirittura «una stupidaggine» il ragionamento di Higgs e in tempi più recenti Stephen Hawking, convinto che i calcoli di Higgs fossero sbagliati, aveva scommesso cento dollari che la "particella" non esisteva affatto. Ma che cos’è questo "bosone di Higgs"? Intanto diciamo che i bosoni indicano una speciale categoria di particelle elementari le cui caratteristiche sono legate in qualche misura al nome del fisico indiano Satyendra Nath Bose. E questo "bosone di Higgs" è importante perché, detto in parole povere, grazie a lui esiste la materia di cui siamo composti. In che modo? Per spiegarlo bisogna far riferimento al campo di Higgs. Tutti, penso, abbiamo una idea seppur vaga del campo gravitazionale, vale a dire quel "qualcosa" che fa sì che i corpi lasciati liberi cadano a terra. Bene. Subito dopo il Big Bang i "bosoni di Higgs" avrebbero dato origine a un "qualcosa" che i fisici hanno chiamato "campo di Higgs". Sempre all’epoca del Big Bang le particelle viaggiavano alla velocità della luce e ciò significa che erano tutte energia. Ma attraversando il "campo di Higgs" le particelle rallentavano la loro corsa e si "materializzavano". Il "bosone di Higgs", dunque, è quella particella che è capace di conferire una massa a tutte le altre particelle. E per arrivare alla sua scoperta sono stati necessari quasi cinquant’anni di ricerche e di esprimenti fino a quel famosissimo 4 luglio dello scorso anno quando dalla sala conferenze del Cern di Ginevra fu dato l’annuncio della sua scoperta. A onor del vero va detto che anche il fisico americano Robert Brout, scomparso nel 2011, avrebbe meritato il Nobel in quanto aveva firmato con Englert un articolo che preannunciava l’esistenza della particella, ma il regolamento del Nobel non prevede l’assegnazione del premio a ricercatori deceduti.
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