giovedì 29 ottobre 2009
Il relitto affondato a largo di Cetraro, in Calabria, non è la nave dei veleni ma il piroscafo "Catania", affondato nel 1917. Lo ha reso noto il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo in una conferenza stampa congiunta con il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso.
  • IL COMMENTO: E ora chi ripagherà la gente di Calabria? di A. M. Mira
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    Niente “Cunski”, niente fusti e soprattutto niente scorie radioattive. La nave scoperta a largo di Cetraro non è il cargo dei veleni indicato dal pentito di ’ndrangheta Francesco Fonti ma la “Catania”, una nave passeggeri affondata nel 1917. Lo ha chiarito ieri pomeriggio durante una conferenza stampa nella sede della Direzione nazionale antimafia il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo. La “Catania” risulta dell’armatore “Società marittima italiana” di Genova. Costruita a Palermo nel 1906, è stata silurata nel corso della Prima guerra mondiale da un sommergibile tedesco il 16 marzo 1917 a largo di Cetraro nel viaggio di ritorno sulla tratta Bombay-Napoli, quindi a poche centinaia di miglia dal porto di destinazione. Al fianco del ministro ieri in conferenza stampa c’era il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, il quale ha aggiunto che sono escluse contaminazioni radioattive fino a 300 metri di profondità e per un raggio di 7 km. Il procuratore ha però invitato a non abbassare la guardia, anzitutto pensando ai livelli di radioattività fuori dai limiti e alla presenza di metalli pesanti scoperti nell’entroterra del Tirreno cosentino, a poche decine di chilometri dallo specchio di mare in cui è stata individuata la nave dei misteri: «Il caso del relitto di Cetraro è chiuso ma quello dell’inquinamento, in generale, della Calabria è sempre aperto». Grasso ha sottolineato che «serve certo un programma organico di interventi per la Calabria, per accertare se vi è necessità di bonifiche alle quali procedere con risorse  adeguate». Il procuratore s’è impegnato a procedere ad ulteriori indagini. Sull’argomento è tornato anche il ministro Prestigiacomo, assicurando che partiranno le  verifiche sull’inquinamento a terra. «Speriamo di non trovare radioattività come a mare. Il ministero dell’Ambiente ha consegnato il piano di caratterizzazione per le verifiche dell’inquinamento a terra –  ha concluso la Prestigiacomo – e nelle prossime settimane si effettuerà una campionatura e controlli incrociati. Il governo in Calabria è in prima linea e da parte nostra  c’è la massima presenza». Un appello a non frenare gli accertamenti è giunto pure dal vicepresidente nazionale di Legambiente, Sebastiano Venneri: «Il risultato dell’indagine su  Cetraro non deve in alcun modo rappresentare una battuta d’arresto nella ricerca della verità sulle navi dei  veleni e su tutte le vicende relative ai traffici illeciti di  rifiuti tossico-nocivi e radioattivi nel nostro Paese. Che l’Italia e il Mediterraneo siano stati teatro di smaltimenti illeciti, non è infatti una fantasia ambientalista  ma un fatto, denunciato e provato da molteplici fonti e  indagini», ha concluso Venneri. All’incontro con i cronisti ha partecipato anche il procuratore aggiunto di Catanzaro, Giuseppe Borrelli, che coordina le indagini sulla nave dei misteri assieme al procuratore Vincenzo Lombardo. Borrelli ha sottolineato che non ci sono rifiuti tossici nella nave ritrovata a Cetraro, perché «la stiva della nave è  vuota». Riferendosi alle notizie circolate sulle dichiarazioni del pentito Francesco Fonti, il magistrato ha chiarito che «in nessuna circostanza Fonti ha detto che i rifiuti siano stati seppelliti nel greto del fiume  Oliva». Sigillato l’allarme radioattivo, resta il problema dell’allarme generato dalla scoperta del relitto e delle conseguenze che la notizia ha avuto sull’economia ittica e turistica calabrese. I sindaci del Tirreno chiedono di riabilitare l’immagine di un territorio, di una regione uscita in ginocchio da voci che davano per certa la presenza di un relitto contenente fusti radioattivi al largo della costa». Proprio coi sindaci del Tirreno e con la Regione ha polemizzato il ministro dell’Ambiente per come questa vicenda è stata gestita, e perché ha dovuto «registrare l’ostilità di sindaci, amministratori locali e persino della regione Calabria. La polemica ha fatto in modo che la pesca in Calabria è in ginocchio per un allarme ingiustificato». Infine, secondo fonti della Procura nazionale antimafia le operazioni di recupero effettuate dalla nave oceanografica sono costate circa 47mila euro al giorno.
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