sabato 25 aprile 2020
«Non sarà possibile ritrovarsi insieme oggi e cantare o lanciare slogan. Ma potremo riconoscerci in quello spirito di comunità che ci accomuna»
Nando Dalla Chiesa

Nando Dalla Chiesa - .

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Dopo l’assassinio di Piersanti Mattarella, molti insegnanti di Palermo si ribellarono alla mafia. «Dissero semplicemente: lo Stato siamo noi. Accadeva 40 anni fa, eppure questo episodio mi è venuto in mente in questi giorni, durante una lezione di educazione alla legalità con gli studenti » confida Nando Dalla Chiesa, figlio del generale Carlo Alberto, ucciso da Cosa nostra. Anche lui è tra i firmatari dell’appello #iorestolibero. «Ho pensato proprio al 25 Aprile che vivremo oggi: in tutte le fasi cruciali della nostra storia repubblicana, i nostri concittadini hanno saputo con orgoglio interpretare il senso di una sfida collettiva che andava al di là del momento. È accaduto durante gli Anni di piombo, nella stagione dell’offensiva delle mafie. Sta succedendo anche oggi che siamo alle prese con un nemico subdolo, invisibile».

Da cosa lo capisce?
Ho visto tante bandiere tricolori nelle scorse settimane spuntare qua e là, anche sui balconi. Attenzione: non sono bandiere celebrative, non si tratta di bandiere di festa. Sono il simbolo di una sfida, quasi un’autobiografia buona della nazione che vogliamo riscoprire. Con una differenza, rispetto al passato: allora le difficoltà arrivavano dall’esterno, oggi dalle stesse viscere del Paese.

L’Italia è stata colpita al cuore e certo aspetta di potersi ritrovare insieme, quando sarà possibile, per dare un’immagine anche fisica di rinascita. Non crede?
È vero: non sarà possibile ritrovarsi insieme oggi e cantare, lanciare slogan, insomma partecipare. Ma potremo lo stesso, credo, riconoscerci in quello spirito di comunità che ci accomuna da allora. In Rete in queste ore girano video e commemorazioni molto belle e commoventi, che danno il senso di chi come sempre con orgoglio e dignità vuole superare questa fase.

Lei parlava di un senso di sfida collettiva, ma contro chi?
Il nemico non si vede, si vedono i morti e le paure della gente. Non dovranno esserci, oggi come allora, disertori senza spirito civico o con spirito contrario a quello della Liberazione. Come si è visto già, in realtà tutto sta per ricominciare adesso.

La classe dirigente di oggi non sembra molto attrezzata...
Il contesto spesso rende le persone più grandi di quel che appaiono. Non ci si affiderà soltanto alla politica, ovviamente: questo è il momento in cui soggetti diversi, dalla scienza al mondo del lavoro, dalla sanità alle imprese fino alle forze dell’ordine, saranno chiamate a dare di più. Insieme. Serviranno risorse umane ed economiche per rialzarsi.

Un po’ come nel secondo dopoguerra...
Esattamente. Quando si ricostruì l’Italia, ci fu un moto collettivo per partecipare a una stagione di sviluppo che il Paese non aveva sin lì mai conosciuto. Non bisogna pensare di azzerare tutto, ma occorre ripartire dalla coscienza personale di ciascuno. Mi basta guardare ai giovani per capirlo. Sembrano dirci: dateci un’occasione che ricominciamo, perché abbiamo voglia di impegnarci per questo Paese. Può essere questa, per loro e per noi, l’occasione giusta.

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