mercoledì 1 luglio 2020
Nuova fotografia sui cambiamenti sociali del Paese provocati dalla pandemia. La priorità è l’occupazione, prima ancora del cibo. E in 6 casi su 10 a bussare agli sportelli sono italiani
Volontari della Caritas impegnati nell'assistenza durante il Coronavirus

Volontari della Caritas impegnati nell'assistenza durante il Coronavirus - Romano Siciliani

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L'Italia impoverita arranca in piena emergenza lavoro. Sono aumentati i poveri. Dopo i dati choc di aprile, la Caritas nazionale continua a fotografare il Paese nascosto, uscito a pezzi dallo stop forzato per la pandemia. E i numeri, pur parziali, che verranno presentati oggi indicano una ripartenza in salita per chi stava già ai margini e per chi ci è finito nell’emergenza coronavirus.

Ribaltando la situazione di sostanziale parità dell’era precedente la pandemia, oggi sono più numerosi gli italiani in difficoltà, mentre calano in percentuale le richieste di aiuto degli stranieri. Alla seconda fase della rilevazione nazionale, freschissima, condotta sul campo dal 3 al 27 giugno (la terza è prevista per settembre) hanno risposto 169 diocesi, il 77,5% del totale. Ovvero i tre quarti delle Caritas delle diocesi italiane, che non hanno sospeso i servizi, continuando a restare accanto agli ultimi in forme spesso nuove e adattate alle necessità contingenti.

E anche le Caritas hanno pagato il loro tributo allo sforzo per aiutare gli italiani in difficoltà durante la pandemia, Tra operatori e volontari, 20 persone sono purtroppo morte a fronte di 179 positivi al Covid-19. Sono stati 95 i ricoverati.

All’inizio dell’estate 2020 la prima domanda dei poveri alla Caritas è dunque un aiuto a trovare occupazione, mentre calano leggermente le domande di aiuti alimentari. Il 95,9% degli organismi partecipanti alla ricerca segnala un aumento dei problemi legati alla perdita del lavoro e delle fonti di reddito, mentre problemi segnalati da oltre la metà delle Caritas diocesane sono le difficoltà nel pagamento di affitto o mutuo, disagio psicologico, difficoltà scolastiche, solitudine, depressione, rinuncia e rinvio di cure e assistenza sanitaria. Piccoli segnali positivi arrivano invece dal 28,4% delle Caritas che, dopo il forte incremento dello scorso monitoraggio, con la fine del lockdown hanno registrato un calo delle domande di aiuto.

Il quadro dipinto dal terreno il mese scorso è chiaro. Si sono rivolti ai centri Caritas per lo più disoccupati in cerca di nuova occupazione, persone con impiego irregolare fermo a causa della pandemia, lavoratori precari o saltuari che non godono di ammortizzatori sociali, dipendenti in attesa della cassa integrazione ordinaria o in deroga, autonomi e stagionali in attesa del bonus da 600 o 800 euro. E ancora, pensionati, inoccupati in cerca di prima occupazione, persone con impiego irregolare, casalinghe. Da segnalare poi le difficoltà dei disabili, la mancanza di alloggi in particolare per i senza dimora. Resta alto l’allarme per la diffusione dell’usura e dell’indebitamento, della violenza e dei maltrattamenti in famiglia, della difficoltà a visitare e mantenere un contatto con parenti e congiunti in carcere. Ultimo allarme, la ripresa della diffusione dell’azzardo e delle scommesse.

Più difficile fornire numeri assoluti precisi, perché le cifre sono sottostimate. Dalle risposte parziali pervenute, risultano circa 450.000 le persone sostenute, di cui il 61,6% italiane e il 38,4% straniere. I pasti sono stati forniti a domicilio o tramite gli empori e le mense a circa 200 mila persone. Per quanto riguarda le famiglie in difficoltà, ben 92mila hanno avuto accesso a fondi diocesani, oltre 3mila nuclei hanno usufruito di supporto per la didattica a distanza e lo smart working e 537 piccole imprese hanno ricevuto un sostegno.

Tra i servizi forniti, grazie anche al contributo che la Cei ha messo a disposizione dai fondi dell’otto per mille, ci sono i dispositivi di protezione individuale e igienizzanti, i pasti da asporto o a domicilio, i servizi di ascolto e accompagnamento telefonico, l’acquisto di farmaci e prodotti sanitari, gli ascolti in presenza su appuntamento, il supporto e l’orientamento alle misure messe in atto dalle amministrazioni locali e dal governo, il sostegno a nomadi, giostrai e circensi, la rimodulazione dei servizi per senza dimora, l’accompagnamento alla dimensione del lutto, gli sportelli medici telefonici, l’aiuto per lo studio e doposcuola, l’alloggio per quarantena e isolamento nelle diocesi più colpite, con l’accoglienza di pazienti dimessi, di infermieri e medici. Fondamentale l’apporto di migliaia di nuovi volontari, tra cui molti giovani, che hanno garantito la prosecuzione dei servizi sostituendo molti over 65 a casa in via precauzionale. Molte infine le iniziative di solidarietà fiorite in questi mesi, con diversi cittadini e imprese che hanno donato soldi e beni di prima necessità.

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