martedì 22 settembre 2009
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Nell’Italia alla ricerca di nuove visioni, la prolusione del presidente della Conferenza episcopale italiana indica un’alta via. Secondo l’analisi dello storico Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, il testo letto ieri dal cardinale Bagnasco al Consiglio permanente apre dunque nuove strade per la Chiesa italiana. E non solo.Quali sono, professore?Questa era una prolusione molto attesa dall’opinione pubblica. Ci si aspettava una continuazione della polemica sul caso del Giornale e le dimissioni di Dino Boffo. Invece il presidente della Cei, pur senza rifugiarsi nell’empireo ecclesiale, ha scelto di situarsi su un altro piano. Ha dichiarato che la Chiesa è leale e non si fa intimidire, ma non ha accettato la logica mediatica, anche se significativamente ha dedicato alla vicenda l’apertura parlando di «passaggio amaro», diretto «ingiustamente» a una persona «impegnata a dar pubblica voce alla comunità». E ha aggiunto che «ha finito per colpire un po’ tutti noi». Il grande interesse è che prova invece a dare una visione generale su cui i cristiani italiani possono lavorare e su cui tutti possono confrontarsi. Mi pare importante il passaggio in cui sottolinea che la Chiesa dice verità scomode, ma è «amica e non padrona».Cosa significa?Che in un Paese in cui si sente a casa sua, in cui si sente di interpretare tante istanze del popolo, non pretende una situazione monopolistica. Ma neppure di essere murata nel silenzio. C’era chi si aspettava un’entrata decisa in campo politico, come se la Chiesa fosse l’ennesimo partito. Bagnasco rifiuta tutto ciò, anche perché nella storia nazionale la comunità cristiana non ha mai avuto lo scopo di delegittimare il governo oppure, addirittura, il sistema politico. Bensì quello di compiere la sua missione, che è comunicare il Vangelo e servire gli italiani, a partire dai più poveri. In questo modo Bagnasco alza il tiro e invita i cattolici italiani a guardare in alto nonostante l’amaro passaggio. Offre così una visione. Legge così anche l’accenno allo strumento concordatario?Si, non è un discorso difensivo. La Chiesa è disposta nelle differenti stagioni a ridiscuterlo, ma lo considera il migliore strumento inventato. Tanto che sottolinea come le grandi questioni etiche non vadano affrontate con logica mercantile. Chi esamina la storia della Chiesa sul lungo periodo vede infatti che questa nel 1929 ebbe il Concordato e nel 1931 entrò in conflitto con il fascismo. Per un accordo la Chiesa non rinuncia certo alla sua missione. E lo fa con lealtà al sistema democratico.  E la Chiesa di popolo che ruolo deve giocare oggi?Mi pare abbia sempre fatto la sua parte nei momenti di crisi parlando ancora più forte. Vedo alcune visioni molto importanti indicate nella prolusione. Una è la questione antropologica, l’altra è la famiglia. La terza, innervata sulle parole dell’enciclica Caritas in veritate, è la visione sociale in cui il cardinale si schiera contro una visione riduzionistica. Contro la tentazione di considerare la crisi economica come una malattia stagionale, dopo la quale si torna alle vecchie abitudini. Bagnasco espone una visione socio economica di grande importanza perché molti italiani stanno vivendo un periodo di sacrifici e povertà e sentono che questa Chiesa è solidale con loro e non li inganna.C’è un appello alla politica in cui chiede serenità e dialogo. Come lo interpreta?All’altezza dei grandi appelli della Chiesa nei momenti difficili. Bagnasco offre al Paese un patriottismo ispirato e sereno di una Chiesa che vuole essere amica di tutti pur dicendo anche verità scomode. Usa un’espressione molto bella, chiede un un supplemento d’anima e d’amore. A tutti i livelli, anche nella capacità di dialogare, inglobando le ragioni dell’altro, di discutere sull’interesse nazionale. Invita i giovani a dedicarsi al volontariato sociale, ma anche alla politica e a superare un clima di tensione diffusa e contrapposizione. Questo va collegato infine al tema dei 150 anni dell’unità d’Italia, che penso vada celebrato con forza anche dai cattolici.Colpisce il richiamo alla sobrietà della politica...Anche questo di alto livello, accanto al riferimento alla questione migratoria che va affrontata in modo pacato e multilaterale. È normale che la Chiesa guardi a tutti i lati, ma parta da quello dei più deboli, quelli che muoiono nel Mediterraneo, consapevole che abbiamo bisogno di un’immigrazione inserita nella legalità e che spesso ha parlato della crisi demografica. Bagnasco guarda lontano e insiste sulle visioni e non sulla cronaca. Visioni che devono aprire un dibattito elevato. È una prolusione che parla ai cattolici e spero faccia discutere tutti gli altri in un Paese che continua a occupare un ruolo provvidenziale nella storia della Chiesa.
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