mercoledì 15 giugno 2022
L'Ong Oxfam, spiega che a essere colpiti in particolare sono i giovani, che vivono di fatto in una prigione a cielo aperto con divieti che nulla hanno a che fare con la sicurezza di Israele
I giovani crescono in una prigione a cielo aperto. Una bambina in un campo di rifugiati palestinesi nella Striscia di Gaza, in un'immagine d'archivio

I giovani crescono in una prigione a cielo aperto. Una bambina in un campo di rifugiati palestinesi nella Striscia di Gaza, in un'immagine d'archivio - Ansa

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A 15 anni dall’inizio del blocco israeliano su Gaza, ancora 2,1 milioni di persone vivono reclusi, in quella che di fatto è una prigione a cielo aperto. Un’intera generazione di giovani palestinesi, oltre 800mila, ha trascorso l’intera vita in questa situazione, senza conoscere nient’altro.

È la denuncia lanciata da Oxfam, riportata dall'Agenzia Sir, alla vigilia del 15° anniversario dall’inizio delle restrizioni imposte sulla Striscia, di fronte ad una situazione di cui “non si intravede nessuna soluzione negoziata tra le parti, nonostante gli sforzi umanitari sostenuti dalla comunità internazionale e dalle Nazioni Unite, che fino ad oggi hanno stanziato 5,7 miliardi di dollari in aiuti”.

“Siamo di fronte ad una crisi divenuta cronica, che costringe organizzazioni come Oxfam – da anni operativa sul campo – a lavorare per garantire la mera sopravvivenza di una popolazione sfinita, eppure straordinariamente resistente – ha detto Paolo Pezzati, di Oxfam per le emergenze umanitarie –. In questo momento 7 persone su 10 a Gaza dipendono dagli aiuti umanitari per far fronte ai bisogni essenziali di ogni giorno. Il controllo di Israele sulla Striscia è pressoché totale e si spinge a livelli paradossali e punitivi nei confronti della popolazione. Pensiamo alle regole sull’esportazione di pomodori, che di fatto impediscono ai produttori di vendere ciò che hanno coltivato. Rivolgiamo un appello al segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, affinché una revoca immediata del blocco su Gaza divenga prioritaria nell’agenda internazionale”.

Nei prossimi giorni Oxfam annuncia #OpenUpGaza15, una campagna di sensibilizzazione per restituire speranza a una generazione che rischia di perderla per sempre: il 63% dei giovani a Gaza non riesce a trovare lavoro e 4 ragazze su 5 non hanno un’occupazione retribuita.

#OpenUpGaza15 racconterà la storia di 15 ragazzi, le privazioni quotidiane, gli ostacoli, le difficoltà con cui devono fare i conti per vivere e coltivare i propri interessi.

“Molte restrizioni israeliane hanno ragioni politiche, non certo di sicurezza. Le famiglie palestinesi di Gaza subiscono collettivamente una punizione illegale – ha aggiunto Pezzati -, Israele impedisce l’esportazione di pasta di datteri, biscotti e patatine fritte, ha interdetto l’uso del 3G e del 4G sui cellullari, non c’è PayPal. Certamente questo non è un Paese per giovani”. “Le Nazioni Unite e gli Stati membri devono usare tutta la diplomazia possibile per porre fine al blocco – conclude Pezzati -. Tutte le parti devono impegnarsi per un piano con precise scadenze e stringenti meccanismi di rendicontazione. Crediamo davvero sia giunta l’ora di consegnare alla storia questi 15 anni di blocco”.

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