
Tyler Olson
Il Tar dell’Emilia-Romagna ha accolto la richiesta della consigliera regionale di Forza Italia Valentina Castaldini, di sospensiva della delibera di giunta regionale del 5 febbraio 2024, che regola l’accesso al suicidio assistito. La Giunta dell’Emilia-Romagna aveva deliberato in autonomia, anticipando di una decina di giorni il voto consigliare, forse temendo che le cose sarebbero andate come in Veneto dove, poche settimane prima, la proposta di legge non era stata approvata, o forse nell’imminenza delle elezioni europee. Così, a marzo del 2024, la consigliera Castaldini aveva presentato il ricorso, sostenendo l’inopportunità che, su una materia così delicata, potessero decidere le singole Regioni, in assenza di una legge nazionale.
Analogo ricorso era stato presentato ad aprile 2024 dal Consiglio dei Ministri e dal Ministero della Salute. Castaldini ha poi presentato una richiesta urgente di sospensiva, motivata dal fatto che, da quando è entrata in vigore la norma regionale, ne hanno usufruito due persone e si è avviato l’iter per una terza. La sospensiva è stata accolta in via cautelare e potrà poi essere confermata dal Tar con un annullamento della delibera, a seguito di una discussione collegiale, che è già stata fissata per il 15 maggio. Anche i Vescovi dell’Emilia-Romagna si erano definiti “sconcertati” dall’iniziativa della Giunta regionale: «Procurare la morte, in forma diretta o tramite il suicidio medicalmente assistito, contrasta radicalmente con il valore della persona, con le finalità dello Stato e con la stessa professione», hanno scritto, esprimendo «con chiarezza la nostra preoccupazione e il nostro netto rifiuto verso questa scelta di eutanasia, ben consapevoli delle dolorose condizioni delle persone ammalate e sofferenti e di quanti sono loro legati da sincero affetto. Ma la soluzione non è l’eutanasia, quanto la premurosa vicinanza, la continuazione delle cure ordinarie e proporzionate, la palliazione e ogni altra cosa che non procuri abbandono, senso di inutilità o di peso a quanti soffrono». La norma regionale si rifà alla sentenza n.242/2019 della Corte Costituzionale, che ha reso esigibile il suicidio medicalmente assistito da parte di persone capaci di intendere e di volere, che siano affette da patologie irreversibili, versino in condizioni terminali, siano dipendenti da trattamenti di sostegno vitale e che lamentino sofferenze fisiche e psicologiche ritenute intollerabili. Stabilisce sia la procedura per l’ottenimento del suicidio assistito, sia i tempi per farlo: l’iter dovrebbe concludersi in 42 giorni. Istituisce il Corec, il comitato regionale per l’etica nella clinica, col compito di esprimere un parere non vincolante sull’istruttoria condotta dalla Commissione di valutazione territoriale su ogni richiesta di suicidio medicalmente assistito.
Ad oggi, chi ne faccia richiesta può comunque beneficiare della sentenza del 2019 della Corte costituzionale che, tuttavia, non stabilisce un “diritto a morire”, bensì i criteri per accedere al suicidio assistito. Criteri che sono oggetto di ampia discussione anche da parte dei medici palliativisti: Danila Valenti, Direttrice della Rete cure palliative dell’Ausl Bologna, ha più volte ribadito, anche in un documento condiviso da una quindicina di colleghi, che «ove è presente una ben strutturata rete di cure palliative, le richieste di suicidio assistito calano enormemente, finanche di dieci volte». È dunque in questa direzione che si attendono gli investimenti delle regioni.