martedì 23 gennaio 2018
Ad accorgersi che i quadri - 20 su 21 di quelli esposti a Palazzo Ducale a marzo - erano «grossolanamente falsificati» lo stesso esperto che smascherò le teste nel 1984. La perizia conferma
Uno dei quadri esposti alla mostra “Modigliani”, dedicata all'artista livornese Amedeo Modigliani al Palazzo Ducale di Genova

Uno dei quadri esposti alla mostra “Modigliani”, dedicata all'artista livornese Amedeo Modigliani al Palazzo Ducale di Genova

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Saranno rimborsati, i visitatori della mostra su Modigliani che s'è svolta a Genova tra marzo e luglio 2017 e i cui quadri - la scoperta clamorosa è stata confermata appena qualche settimana fa - erano quasi completamente falsificati. A sancirlo un'intesa tra Fondazione Palazzo Ducale e Associazioni dei Consumatori, che porterà a breve alla firma di un protocollo. E che potrebbe arrivare a coinvolgere fino a 100mila persone: tante si stima abbiano visitato la mostra nei cinque mesi di apertura al pubblico.

Chi desidera informazioni sul caso Modigliani e sulle modalità per ottenere il rimborso del biglietto è invitato a contattare il numero verde 800.199.633 o a scrivere a rimborsi@consumatoriliguria.it messi a disposizione dalle associazioni dei consumatori. Come noto, spiega la nota della Fondazione, «Palazzo Ducale non ha incassato alcun corrispettivo della bigliettazione, che per contratto spettava all'organizzatore Mondo Mostre Skira, e in questa vicenda è dalla stessa Procura dichiarato parte lesa, per il grave danno di immagine comunque subito; similmente i visitatori della mostra, se la non autenticità delle opere fosse confermata, sarebbero anch'essi vittime dell'inganno sin dal momento dell'acquisto del biglietto».

La scoperta: falsi 20 dipinti su 21

Non c'è pace per Modì. Tutto era cominciato a fine luglio, qunado 20 sui 21 dipinti della mostra erano stati sequestrati su disposizione della procura di Genova. Il motivo? Un'indagine per truffa aggravata, messa in circolazione di false opere d'arte e riciclaggio. Il 9 gennaio il colpo di scena: le opere «sono grossolanamente falsificate» rivela l'esperta Isabella Quattrocchi, incaricata dalla procura di effettuare una perizia. Le tele, secondo Quattrocchi, sono false «nel tratto e nel pigmento». E le cornici provengono dall'est europeo e dagli Usa.

Fondazione Palazzo Ducale reagisce immediatamente alla notizia sottolineando di essere, in questa vicenda, «parte fortemente lesa». Peccato che nessuno si sia accorto della falsità conclamata delle opere del pittore livornese tranne Carlo Pepi, l'esperto pisano finito di nuovo sotto i riflettori della cronaca: è stato lui a dire per primo che alcune delle tele esposte nella mostra genovese erano false, così come fu lui nel 1984 a sostenere che le teste di Modì trovate a Livorno erano delle «porcherie». «Finalmente questa verità è venuta a galla - ha detto -. Sono soddisfatto che abbiano riconosciuto che la grana che ho piantato era giusta e che i quadri sono falsi».

Tre indagati e un giallo internazionale

Le 21 opere sequestrate sono ancora sotto custodia nel caveau del Nucleo Tutela patrimonio artistico dei Carabinieri. Tre sono gli indagati: il presidente di MondoMostre Skira Massimo Vitta Zelman, il collezionista e mercante d'arte Joseph Guttmann, proprietario di alcune delle opere ritenute false e l'allora curatore della mostra Rudy Chiappini. «Per me non cambia nulla - ha detto quest'ultimo -. L'attribuzione delle opere a Modigliani non l'ho fatta io, mi sono solo limitato a raccogliere informazioni già esistenti. Bisognerà risalire alla fonte, a chi ha fatto la prima attribuzione. Io resto comunque dell'idea che quei quadri siano buoni». Adesso «bisognerà leggere la consulenza - ha detto ancora Chiappini -: certo è che se parla di cornici è ridicolo. Ogni proprietario mette le cornici che vuole. Comunque quei dipinti sono stati esposti anche da altre parti e la loro autenticità era basata su attribuzioni fatte da altri studiosi e esperti».

Dunque l'affaire Modiglianì diventa un giallo con implicazioni straordinarie: le difese degli indagati potrebbero chiedere un incidente probatorio e sottoporre a loro volta le tele e i disegni incriminati a ulteriore perizia. La procura e gli investigatori dei carabinieri del Nucleo tutela patrimonio artistico intanto proseguono le indagini per riuscire a capire chi, come e quando ha falsificato i Modì. Le implicazioni economiche sono enormi, visto che Modigliani ha quotazioni vertiginose: basti pensare che nel 2015 il Nu couché del 1917 è stato battuto all'asta da Christiès e venduto per oltre 170 milioni di dollari. Tutto mentre Assoutenti, associazione di consumatori, annuncia di aver cominciato a raccogliere le adesioni di coloro i quali sono stati frodati con l’obiettivo di ottenere il rimborso dei biglietti, probabilmente attraverso una class action.

Le teste e la burla del 1984

La vicenda di Genova richiama alla mente la celebre burla del 1984. Quando vennero pescate nel Fosso reale della Venezia tre teste scolpite in uno stile che richiamava quello del Modigliani, metà mondo della storia dell'arte - nomi celebri come quelli di Carlo Giulio Argan, Dario Durbé e Cesare Brandi - gridò al miracolo. L'altra metà, come Federico Zeri, parlò di falso. L'esperto pisano Carlo Pepi tagliò la testa al toro e le definì sbrigativamente delle «porcherie».

Un mese dopo il ritrovamento, tre studenti universitari livornesi svelarono lo scherzo e la certificarono con prove ineludibili: una delle tre teste l'avevano fabbricata loro col trapano, faccenda che si poteva ammirare in una photostory di innegabile efficacia. Le altre due teste, anch'esse ripescate nel Fosso Reale, erano invece opera di tale Angelo Froglia, artista d'animo e portuale per necessità che affermò di non aver voluto fare uno scherzo ma creare un'operazione estetico-artistica finalizzata a un'accurata demistificazione del mito.

Burla o non burla, il ritrovamento delle tre teste ebbe un'eco mondiale e finì per diventare mostra itinerante, nel 2014, sui veri falsi di Modì. Certo, quel tratto «così elegante» come lo definì Picasso, era tutto sommato tecnicamente semplice da copiare: eppure proprio il tratto è quello che identifica l'autore e consente di scoprire la truffa. Parola di Carlo Pepi: proprio lui ha denunciato per primo la falsità delle opere esposte a Genova (denunciò anche quadri esposti a Catania e Viterbo), una tesi che adesso ha il placet del perito: il tratto, quel tratto che Pepi definisce «elegantissimo, tridimensionale» su quelle tele è stato, afferma il perito, «grossolanamente falsificato».

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