mercoledì 11 novembre 2009
A Milano esperti a confronto su demografia e «culle vuote». L’Italia rimane in coda alla classifica europea. Tartaglione (Sidef): da noi è ancora troppo difficile riuscire a conciliare maternità e lavoro
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Il vecchio principio secondo cui «la demografia si vendica di chi la dimentica» dovrebbe mettere in allarme i politici di mezza Europa, in modo particolare quelli italiani. Nascono sempre meno bambini e un rigido inverno demografico è calato sul Vecchio Continente da almeno trent’anni. Per essere precisi, dalla metà degli anni Settanta. In tutti gli stati dell’Unione, il numero medio di figli per donna infatti è più basso rispetto all’asticella che i demografi hanno fissato a 2,1. Il "numero magico", che permette il ricambio generazionale.L’inverno demografico è una situazione caratterizzata da bassa fecondità che dura nel tempo. E di questo si è parlato ieri  a Milano durante il convegno "Uno, nessuno, centomila. Figli: quale futuro?" organizzato dal Sindacato delle famiglie e dall’assessorato alla famiglia della Regione Lombardia. Ci sono però situazioni differenziate da Paese a Paese: nazioni come la Francia (1,98 figli per donna) e l’Irlanda (1,9 figli per donna) si avvicinano alla soglia dei 2,1 figli per donna. La presenza di importanti politiche sociali a favore della famiglia è direttamente proporzionale alla presenza di alti tassi di natalità. «In Francia si è convinti che per una donna avere un figlio sia un fatto essenziale nella sua vita», ha commentato Gérard-François Dumont, demografo e docente alla Sorbona. E le politiche messe in atto, da tutti i governi che si sono succeduti, vanno in questa direzione. Il tentativo, portato avanti sul finire degli anni 90 di ridurre gli assegni familiari, ad esempio è naufragato miseramente di fronte alla levata di scudi della società civile. Al contrario, dove queste politiche mancano o sono poco incisive, il tasso di fecondità resta basso. È il caso dell’Italia (siamo fermi a 1,34 figli per donna), dell’Ungheria (1,32), Polonia e Portogallo (1,3) e Romania (1,29). Mentre ci precedono di poco Spagna, Grecia e Austria (1,38 figli per donna), Slovenia (1,37) e Lituania (1,35). Ma qual è la soluzione all’inverno demografico? Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, la presenza massiccia di immigrati non è una risposta. Lo conferma anche Gian Carlo Blangiardo, docente di demografia all’università Bocconi di Milano: «Non saranno gli stranieri a salvarci», spiega. I loro comportamenti, soprattutto nelle grandi città, sono sempre più simili a quelli degli italiani: si è passati infatti dai 2,5 figli per donna del 2006 ai 2,18 del 2008. La sola strada, per incamminarsi verso una "primavera demografica" passa attraverso solide politiche di investimento a favore della famiglia. Un impegno sollecitato anche da Caterina Tartaglione, presidente del Sindacato delle famiglie: «La politica non ha mai riconosciuto il ruolo della famiglia e non vi ha mai investito – spiega –. Non si fanno figli perché costano troppo, perché mancano i servizi e perché non ci sono politiche efficaci che permettano di conciliare la maternità e il lavoro. Sono più di 25 anni che aspettiamo provvedimenti in questo senso».
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