giovedì 30 aprile 2020
«Stiamo affrontando un'emergenza che non ha precedenti nella storia repubblicana», ha detto il premier a Camera e Senato
Conte alla Camera

Conte alla Camera - Ansa

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Tocca vette auliche, lo scontro ormai aperto tra Giuseppe Conte e Matteo Renzi. L’emiciclo del Senato amplifica parole pensate e pesanti per il futuro del governo. «Noi poniamo al centro dell’azione di governo l’episteme, non la doxa», arringa il premier richiamando la “conoscenza autentica” contro la “mera opinione”. Doxa ed episteme sollecitano il senatore di Rignano. Che, arrivato il suo turno, sciorina il «non licet tibi» di Seneca per accusare Conte di andare oltre la Costituzione sulla limitazione delle libertà personali e il famoso «la politica è altrove, vi aspetteremo là» con cui Nino Martinazzoli volle ribadire la differenza tra politiche e altre arti.

Sono le citazioni che conducono al bivio della crisi. Perché la difesa del premier non ha convinto Renzi. «Non ho mai agito in solitaria, e questo che presento – la fase 2 ieri oggetto dell’informativa urgente alle Camere – non è un programma per una futura campagna elettorale», sono le parole con cui Conte rigetta l’accusa di Italia Viva e delle opposizioni di utilizzare l’emergenza Covid–19 a fini politici personali. E i principi della Carta, prosegue, non sono stati «né affievoliti né trascurati». L’ex premier non ci crede: «La guardo negli occhi, con trasparenza. Lei è stato molto bravo a rassicurare il Paese. Ma ora c’è da ricostruire. Se vuole portarci sul crinale del populismo, noi non saremo al suo fianco. Guardi meno i sondaggi e più i dati Istat».

I dossier al centro del contrasto sono vari. L’uso massiccio del Dpcm, che per Renzi esprimono una «visione paternalista» in cui il governo «concede le libertà, anziché riconoscerle». Insomma, «ho voluto questo governo per evitare i pieni poteri di Salvini, non per far avere i pieni poteri a lei». L’altro focus è la ripresa delle attività produttive. Italia Viva – ma non solo Iv, anche nel Pd c’è malcontento – la reputa troppo prudente. Per spiegarlo, Renzi fa anche un passaggio infelice sui morti che – parer suo – «chiedono di ripartire». Una frase aspramente stigmatizzata dal sindaco di Bergamo, Giorgio Gori.

Ma il premier è ferreo nel difendere la linea della prudenza adottata. E in modo altrettanto fermo giudica «improvvide e illegittime» le iniziative dei singoli governatori sulle aperture. Il resto è, appunto, «doxa», opinione. E a suo avviso anche molto sospetta, visto che lo scontento è venuto fuori solo dopo la partita delle nomine nelle partecipate, cui Italia Viva ha partecipato insieme a tutta la maggioranza. In ogni caso è lo svelamento dell’ovvio: la crisi Renzi–Conte cova da febbraio e Covid–19 l’ha solo congelata. Ora – se il contagio non riporta tutti sotto coperta – è pronto ad esplodere. Questione di giorni, di settimane, e uno dei due sarà di troppo nel governo. Nonostante ciò che segue allo scontro in Senato sia un profluvio di dichiarazioni rassicuranti e rasserenanti.

Lo stesso Conte, d’altra parte, uscendo da Palazzo Madama prova a gettare acqua sul fuoco: «Renzi vuole politica? È quello che stiamo facendo, la maggioranza c’è». E siccome tra gli indiziati della crisi c’è anche il Pd, in serata pure Nicola Zingaretti prova a placare gli animi. Con una formula che, però, non rasserena del tutto Palazzo Chigi: «I provvedimenti che si sono presi e anche le somme che si sono stanziate sono veramente immense, non hanno precedenti. Bisogna correre di più, questo sì, perchè stiamo affrontando problemi immensi, legati alla burocrazia, a meccanismi troppo complessi e le persone non debbono essere lasciate sole proprio ora che hanno bisogno di un intervento pubblico. Bisogna sconfiggere il virus, questo deve farlo un governo che una maggioranza ce l’ha con un confronto con l’opposizione». Bastone e carota, insomma. Che non servono a dissipare i dubbi sul futuro. A schierarsi con il premier è M5s con il capo politico Vito Crimi, che taccia di «irresponsabilità» chi ora fa «manovre di palazzo».


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